Dalla Sardegna (quasi) a Capo Nord su due ruote, toccando da vicino la nuova Europa era Covid di Grazia Mirabelli 

5 Novembre 2021
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Dalla Sardegna (quasi) a Capo Nord su due ruote, toccando da vicino la nuova Europa era Covid 
di Grazia Mirabelli 

Il progetto TRAMONTI è stato complessivamente finanziato dal Ministero degli Esteri, direzione generale Italiani all’Estero, e dal Ministero della Cultura. Ma anche dalla regione Sardegna, con l’Assessorato alla Tutela della Cultura Sarda.

È stato così possibile realizzare questo progetto, spinto dai nuovi bisogni di libertà e spazi aperti che questi ultimi due anni hanno risvegliato in molti di noi. Un periodo in cui siamo stati meno esposti alle sfide di ogni giorno con il mondo esterno, perdendo l’allenamento a ritmi troppo intensi e frenetici. In compenso abbiamo apprezzato il ritrovarci ogni giorno con noi stessi, in una dimensione più intima, che non era poi così male e che ci dava l’occasione per rivalutare momenti di riflessione ormai quasi dimenticati.

Francesco Accardo, ingegnere, che per mestiere si occupa di gestione amministrativa e organizzativa del patrimonio culturale ed è direttore della Fondazione Siotto di Cagliari con al suo attivo anche esperienza di marketing e cultural planning per realtà nazionali, ha così inforcato la sua bicicletta ed è partito. Andare ad incontrare luoghi e confini delineati da Dio e dagli uomini, in un periodo che aveva ridisegnato le priorità e ci aveva riaccostato ad una natura più lenta ed accessibile, sarebbe stata la sua nuova sfida.
Lo attendeva un viaggio d’altri tempi, in solitaria e con un piccolo bagaglio di soli dieci chili per raccontare l’Europa, e farlo nel maggior rispetto della sostenibilità.
La bici, ecologica e costantemente a cielo aperto, il mezzo perfetto per circolare attraverso spazi ancora contaminati dalla pandemia.

L’idea di Francesco di attraversare parte del Vecchio Continente in bicicletta, partendo dalla sua Sardegna, nel cuore del Mediterraneo,  e fino ad arrivare a Capo Nord, prendeva forma. Nel bagaglio avrebbe portato la sua natura da isolano in un viaggio attraverso luoghi e paesaggi fino a quel momento solo immaginati, ma rimanendo quasi esclusivamente in compagnia di sé stesso e dei propri pensieri.

I sardi ed il loro legame viscerale con il territorio
Quanto c’è del tuo appartenere ad una cultura come quella sarda in questo progetto?
“C’è molto di me e del bisogno che noi sardi abbiamo di stabilire un contatto profondo con il territorio che ci circonda. In una prima fase avevamo percorso il territorio italiano da sud a nord, incontrando un’Italia compatta e solidale, ancora un po’ spaventata dagli eventi COVID, da cui sembrava in quei giorni stesse uscendo. Ora, partendo dalla Sardegna il nuovo ambito obiettivo era Capo Nord, punto più a nord dell’Europa continentale che mi avrebbe permesso di andare a vedere da vicino i nuovi confini disegnati dalla pandemia. Un vero reportage dei primi momenti che all’epoca venivano visti come post Covid, a partire da un rapporto diretto con il territorio, e qui si ritrova il mio spirito sardo.

Entrato dalla Liguria sono arrivato a Tolone in Francia dove il coprifuoco in maggio era dalle 19 alle 6 del mattino. Poi, la Provenza, le Alpi, il Juruá, e pian piano attraverso il Reno, Lussemburgo, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Danimarca, Svezia, Finlandia ed infine Norvegia, tutto in un mese.

Purtroppo, un viaggio che ha tradito un po’ le mie aspettative a causa del cattivo tempo, che mi ha costretto ad attraversare tutta la Francia sotto una pioggia battente e mi ha impedito di apprezzare come avrei voluto i territori circostanti. Arrivato qui a Copenaghen ho proseguito in bici fino ad Helsingør, una delle tappe di cui sono riuscito a godere in pieno per il tempo sereno che mi ha accolto.

Nel complesso un tipo di percorso che comporta elementi di rischio per l’impraticabilità di alcune strade, talvolta nemmeno presenti sulla mappa, ma che ha goduto tuttavia del monitoraggio più moderno dei social con i quali mi interfacciavo e che avevano il pregio di assistermi, pur se a distanza. La troupe dei tecnici affiancava il tour, anche se a velocità di percorso differente, ma ci ritrovavamo a tappe, definendo i tempi sempre attraverso social e cellulari. Un viaggio a metà, alla ricerca di luoghi a tratti deserti a causa della pandemia, un percorso a impatto zero, con mezzi non inquinanti come si faceva una volta, ma al contempo affiancato da supporti tecnici molto moderni e incontrando l’Europa che si andava delineando, chilometro dopo chilometro, come non avremmo mai potuto immaginare si potesse fare”.

Un documentario
I filmati delle tappe più emozionanti del percorso, a testimoniare la riscoperta dell’Europa, ripresi da una troupe ed integrati da video con il drone, sono stati montati in un docu-film, che mostra paesaggi e distese infinite percorse sulle due ruote, alternate ai volti delle persone con le quali Francesco ha intrecciato storie di vita e testimonianze di un diario di viaggio.
Tutto ciò ha destato l’interesse e l’attenzione dei Media, in particolare ne hanno dato notizia Repubblica, Il Corriere, Rai2 e RAI3.

Quale il bilancio, hai trovato l’Europa che cercavi?
“Io sono un figlio dell’Europa Unita, nato nel dicembre dell’89, per cui con la caduta del muro, e non ho mai vissuto una frontiera. Ma riconsiderare il tutto alla luce del Covid mi ha fatto riflettere molto sull’importanza dell’abbattimento di certe frontiere per cui ogni singola nazione per ragioni proprie, che siano esse giuste o sbagliate, ha assunto le proprie decisioni per i propri confini.

Questo ha comportato la necessità di dovermi informare in anticipo sulle varie disposizioni, anche molto diverse tra loro sull’uso della mascherina o dei tamponi antigenici o molecolari, per potermi preparare in tempo alle richieste dei vari Paesi. Poi impari a adeguarti alle differenze ma ti chiedi come sarebbe stato se invece l’Europa fosse stata più coesa, se si fosse mossa in maniera più uniforme.

Alla frontiera, aldilà delle singole regole alle quali mi sono allineato, sono stato fermato solamente in Francia, in Danimarca ed in Svezia dove è bastato esibire la documentazione che accompagnava i tour.

La Norvegia invece l’ho percepita come una frontiera a tutti gli effetti e pur rimanendo diverse ore in attesa di un responso la rigidità è stata totale ed insormontabile tanto da rendere impossibile il portare a termine l’impresa, malgrado l’ufficialità del Ministero degli Esteri che siglava il nostro progetto.

Stavolta purtroppo il COVID non mi ha permesso di mettere piede a Capo Nord.

Ma tornerò, da buon sardo non ho mai amato arrendermi o lasciare le cose a metà”.

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