Rocco Silvano, Artigiano del Pane
di Luca Morelli
Potrebbe capitarvi, magari recandovi al vicino ospedale di Herlev, di sentire quel classico profumo genuino di forno e di provare un senso di allegria. Oppure potreste essere colti da una vaga nostalgia. Per un italiano all’estero, la percezione sensoriale è chiara: sono odori di casa, d’infanzia, di bei ricordi, di buono. Avrete trovato il forno di Rocco.
Affacciato su una strada di scorrimento, con l’ingresso discreto sul lato opposto, il laboratorio si trova al piano terra. Sopra, l’appartamento che condivide con la moglie Marta e la piccola Stella. Casa e bottega. È qui che Rocco Silvano, prepara il pane (e non solo) destinato ai migliori locali della capitale.
Massimo Montanari, uno dei più famosi storici dell’alimentazione al mondo, descrive il pane come una delle grandi conquiste della civiltà. Dal lavoro nei campi per coltivare il grano ai vari passaggi della trasformazione: conservazione, macinazione, impasto e infine cottura. Il pane, apparentemente semplice, richiede che ogni fase venga eseguita con precisione. Per Egizi, Romani e Greci era simbolo dell’intelligenza umana, della capacità di creare qualcosa che in natura non esiste.
Chiunque abbia impastato, modellato, cotto e infine visto il proprio pane dorarsi nel forno, conosce l’incanto, il senso di completezza. È il rito antico di rendere qualcosa vivo da pochi semplici ingredienti.
Un piacere che per Rocco è diventato un mestiere fin da giovane. Il quarantunenne di Ruoti (Potenza, Basilicata), proprio come il suo pane, basa la sua vita su pochi ingredienti: umiltà, passione, ricerca e lavoro.
“Sono andato via all’età di 16 anni. Ho iniziato a lavorare in vari ristoranti e mi riusciva facile lavorare la pizza e il pane. Forse perché già da ragazzino davo una mano al mulino del paese. Ci sono nato, nel grano.”
Dopo aver lavorato in quasi tutti i continenti, Rocco giunge in Danimarca per un progetto a lungo termine.
“L’inizio è stato complicato. Lavoravo in quattro pizzerie e, in generale, facevo fatica a trovare motivi per rimanere.
Fortunatamente mi hanno convinto che qui sarei stato bene. Con il duro lavoro, il resto è arrivato. Ho rilevato il forno di un amico che andava in pensione. A 26 anni avevo la mia piccola attività.
Così è rimasta e così dovrà rimanere. Chi viene dalle piccole province, a contatto con la natura, porta sempre con sé certi valori. Non punto ad espandermi, ma a migliorare la qualità dei miei prodotti.”
Cambio di consumi, ma occhio alla qualità
“In 17 anni trascorsi nella penisola scandinava, il consumo di pane bianco è aumentato. Prima si trovava quasi solo franskbrød, ora persino nei supermercati si trovano focacce e pagnotte.
Un problema dei vari bake off e delle panetterie poco attente è l’utilizzo dei cosiddetti ‘miglioratori’, prodotti chimici che non vengono dichiarati in etichetta.
Questo non va bene, il consumatore dovrebbe esserne informato. Il pane deve essere fatto di acqua, lievito e farina buona, che noi acquistiamo, rigorosamente biologica, dall’Italia.
Un prodotto con soli tre ingredienti, e di qualità, come può far male?”
Un altro problema è la tendenza, ormai diffusa tra alcune “bageri”, di avere vetrine colme di prodotti a qualsiasi ora, che poi vengono buttati a fine giornata.
Oltre alla discutibile moralità di questa pratica, bisognerebbe anche iniziare a considerare che il pane non fresco di giornata può comunque essere riutilizzato.
“Un pane fatto come si deve lo si riconosce anche dalla sua capacità di conservazione.
Un buon prodotto, lasciato in un sacchetto di carta o semplicemente avvolto in un canovaccio, resta ottimo per giorni.
Basta metterlo leggermente nel forno per farlo tornare fragrante. Poi si possono fare bruschette, crostini, polpette, zuppe, dolci. Il pane non si butta.
Un giorno scriverò un libro sui mille modi per riutilizzarlo.
“Lavorando esclusivamente con altre aziende, senza vendita diretta al pubblico, produciamo tutto quello che vendiamo.
La voglia di ridurre gli sprechi al minimo è condivisa con i miei clienti, come Supermarco e Quattro Fontane Due, che preferiscono vendere un filone in meno che buttarne uno in più.”