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AL CAFFÈ GRECO CON IL “BRUTTO ANATROCCOLO” di Rosanna Sabella

7 Ottobre 2024
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AL CAFFÈ GRECO CON IL “BRUTTO ANATROCCOLO”
di Rosanna Sabella

Mentre in Danimarca e in Italia si preparano le celebrazioni per i 220 anni dalla nascita
(e i 150 anni dalla morte) di Hans Christian Andersen, ripercorriamo le tappe principali del suo viaggio in Italia

“Roma è come un libro di favole, in ogni pagina trovi un prodigio”.
Tra le tante definizioni dedicate dagli artisti stranieri alla Città Eterna, quella dello scrittore Hans Christian Andersen è sicuramente la più poetica, forse anche la più bella. Di certo quella che maggiormente rispecchia la figura di uno dei più grandi e prolifici autori di fiabe di tutti i tempi.
Nel corso dei suoi numerosi viaggi Hans Christian Andersen è stato ben sette volte in Italia e per quattro volte soggiornò a Roma, la sua città prediletta.
Come molti altri artisti e giovani aristocratici dell’Europa del Nord, Andersen compie il suo grand tour nelle città d’arte italiane e grazie a una borsa di studio ottenuta tramite il suo mecenate – il viceministro delle finanze del re Federico VI Jonas Collins – a ventotto anni parte per Parigi. Ma visiterà anche Milano, Genova, Firenze, Venezia, Napoli.
Lungo la strada incontra intellettuali, letterati, stringe amicizie: della sua fitta corrispondenza restano più di tredicimila lettere e biglietti ricevuti e inviati a circa tremila persone diverse. Vuole piacere, punta a collezionare un gran numero di like, diremmo oggi. E pensa alla sua autobiografia che è ancora solo una bozza incompiuta.

Den grimme ælling, c’est moi!
A Roma soggiornò in un piccolo appartamento al numero 104 di via Sistina, non lontano dalla casa dove risiedette Gogol. Una targa in marmo ne testimonia il primo soggiorno. Qui lo scrittore danese rimase un anno, dal 1833 al 1834, e in quello stesso periodo – mentre il suo dramma in versi Agnete og Haymandem (Agnese e il Tritone) veniva dato alle stampe proprio a Roma – Andersen ebbe l’ispirazione per il suo primo romanzo “L’improvvisatore” pubblicato nel 1835. Vi si narra delle avventure in Italia di un giovane di umili origini, Antonio. Il ragazzo presenta diverse analogie con lo scrittore danese (quando gli fu chiesto se avesse mai scritto un’opera autobiografica, lui, figlio di una lavandaia e di un calzolaio rispose: Ja! Den Grimme Aelling! – Sì! Il Brutto Anatroccolo).
In quei mesi Antonio visiterà oltre Roma, anche Napoli, Paestum, Ercolano e la costiera amalfitana. Incontrerà briganti e mendicanti, avvicinerà pittori e scultori, visiterà le catacombe, ascolterà le serenate notturne, rimanendo profondamente affascinato dall’arte e dalla natura italiane. E fu proprio questo libro a dare ad Andersen la notorietà internazionale, ancora prima delle sue celebri Fiabe, sebbene in Italia tale opera sia poco conosciuta.

Sopra il Caffè Greco in Via Condotti
Nella Città Eterna il giovane Hans trovò ad accoglierlo lo scultore Bertel Thorvaldsen e altri suoi connazionali. In quel tempo, infatti, a Roma soggiornava un’intera colonia di artisti scandinavi, tra cui figuravano anche il drammaturgo Ibsen (1828-1906), il poeta Atterhom (1790-1855) che insieme ad altri si riunivano al Caffè Greco, incontrandosi con scrittori e artisti di tutta Europa, tra cui Goethe, Gogol, Byron e Liszt.
Fu solo nel 1881 – quasi cinquant’anni più tardi – che Andersen tornò nella capitale. Stavolta al primo piano dell’edificio che ancora oggi ospita lo storico caffè.
“Un caffè qui è un’esperienza mistica – ci spiega con una punta di orgoglio il direttore di sala – che ricalca le orme di grandi personaggi del passato. Una pausa che profuma di tradizione”.

Nella sala interna del locale, la Sala Rossa (che in principio era la stalla ove venivano lasciati i cavalli per accedere alle sale del caffè ) – oltre ad alcuni preziosi manoscritti e ad una mappa dell’appartamento che lo scrittore danese occupò per un breve periodo con il suo compagno di viaggio, sono ancora custoditi in ottimo stato di conservazione un lungo divano rivestito in velluto giallo oro con una targa recante la scritta “dalla casa di Hans Christian Andersen –Via Condotti, 85 – 1881, e il caminetto che impreziosiva la parete del salotto di casa.
Del resto dell’arredamento – un piccolo tavolo con scacchiera e lampada ad olio, alcuni ritratti e busti marmorei, il tavolino del salotto con quattro sedie, due poltrone damascate – non restano che alcune immagini presso l’archivio storico dell’Istituto Luce. Quella casa oggi è diventata un hotel.

Dio sia lodato! Tra poco si mangia!
“Io e il mio compagno siamo alloggiati in un paio di camere nell’antico caffè Greco – si legge in un brandello di pergamena esposto nella galleria del locale, accanto all’originale manoscritto in danese – ove abitava l’amico Jonas, console di Danimarca, Svezia e Norvegia (…) scrive l’artista all’amica Henriette Collin in una lettera datata 3 maggio 1861 e prosegue: ti invio una planimetria dell’appartamento in cui Jonas ed io viviamo a Roma (…).

Abbiamo tappeti in tutte le stanze, vedute di Roma e non meno di quattro specchi. Sul balcone fioriscono rose e violacciocche.
Vibra di sera una lampada romana a quattro bracci, ma ognuno di noi ha il proprio lume. La sera siamo per lo più in casa e la tavola è imbandita con vino, pane, parmigiano e frutta.
Acqua deliziosa della fontana, un divano grande e tre poltrone come mobilio, quindi siamo sistemati abbastanza bene”.
Deluso dalla sua tappa toscana – a causa della pioggia e dei numerosi inconvenienti (le zanzare lo avevano letteralmente divorato a Levane) – “Dio sia lodato! Tra poco si mangia!” pare abbia esclamato quando fece il suo ingresso nella Capitale.

“Roma ha aperto i miei occhi alla bellezza!”
La sua residenza a Roma iniziò come una soleggiata giornata estiva. I gloriosi tesori d’arte che lo circondavano e il bel paese in cui soggiornò, operarono beneficamente sul suo spirito.

“L’anima mia tremava di una intima felicità – afferma descrivendo il lago di Nemi – talvolta ancora ho dei momenti in cui quei ricordi fanno risuscitare quei sentimenti così come appariscono le vestigia di fini mosaici di una città scomparsa sotto le acque… “.

Con quell’intenso amore per l’Italia, che è peculiare degli animi più nobili del freddo nord, Andersen è entrato nello spirito della vita della gente, e ce lo ha restituito con i colori più belli nel suo primo romanzo.

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