JUST KIDS? A cura di Alessandra Sicuro

17 Aprile 2025
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JUST KIDS?
L’installazione di Diego Marcon in mostra al ”Gammel Strand”
A cura di Alessandra Sicuro

L’infanzia, luogo del sogno e dell’innocenza? Luogo di una originaria creatività? E chi sono oggi i bambini e i ragazzi, in una società in cui si cresce e si “consuma” sempre più velocemente?
Molti conoscono l’iconico stencil “Bambina con palloncino” di Banksy che, nel 2002, alludeva a una situazione esistenziale, la fanciullezza, fatta di delicatezza, evasione e anche speranza rispetto all’asprezza della realtà. Oggi ci si può chiedere se tale immagine, quella che secoli di storia dell’arte e letteratura ci hanno trasmesso, sia ancora plausibile. L’identità degli stessi protagonisti, i bambini, muta rapidamente e ha subito notevoli cambiamenti, anche nel corso dell’ultimo cinquantennio.

I media e il dibattito pubblico attuale mostrano giovanissimi che si pongono prepotentemente al centro della vita sociale e politica, anche -ma non solo- sulla scia del movimento di Greta Thunberg. Giovanissimi che puntano il dito, mostrano un malessere, indicano le responsabilità delle generazioni precedenti, ad esempio sui temi ambientali e chiedono il voto – come cita uno striscione sulla facciata del museo Gammel Strand a Copenaghen in occasione della mostra JUST KIDS.

Ragazzi che, dall’essere soggetto di opera altrui, diventano protagonisti e, in senso lato, operatori, portatori di mutamento. Il museo, con la mostra che prende il nome dal libro autobiografico della poetessa e musa rock Patti Smith, apre l’anno espositivo con uno sguardo sperimentale, attento e critico sulla rappresentazione dell’infanzia e sul bambino stesso, come specchio parlante della nostra epoca, esplorando un ampio spettro di opere d’arte di artisti danesi e internazionali dal ’75 ad oggi. Tra gli altri nomi, l’artista italiano Diego Marcon è rappresentato dal suo lavoro La Banda di Crugnola (Have you checked the children).

Diego Marcon, artista e film-maker lombardo, lavora con video, sculture e installazioni, spaziando da animazioni brevi e suoni immersivi (come ToonsTunes, 2016) a produzioni complesse (come Monelle, 2017). Il suo film The Parents’ Room (2021) è stato esposto alla Biennale di Venezia nel 2021. Marcon attinge a vari generi cinematografici (musical, melodramma, horror, slapstick comedy) e usa tecniche diverse (robotica, immagini generate al computer o CGI). Il mondo della simulazione digitale ricopre quindi una parte rilevante del suo lavoro, che ama e che probabilmente rappresenta soprattutto un raffinato e laborioso strumento per creare una narrazione, non per sostituirla.

Le sue immagini sono spesso inquietanti e creano ambiguità accostando ambienti o elementi di per sé incongrui: ad esempio, nella mostra JUST KIDS, allestisce una banda che, invece di sfilare, resta immobile e, invece di suonare, resta in ascolto. Anche l’infanzia, condizione universale che spesso viene idealizzata come un periodo di innocenza, contiene nella sua interpretazione ombre e contraddizioni, e può essere rappresentata attraverso il paradosso o la provocazione. Marcon cita, infatti, tra i suoi autori preferiti Thomas Bernhard, autore austriaco estremamente caustico e autoironico, non privo di toni cupi, ma anche, per contrasto, Collodi, De Amicis, le poesie e le filastrocche per bambini di Tognolini o Rodari.

Il mondo dei bambini è un terreno di esplorazione, una soglia in cui lo spettatore adulto può essere toccato nell’intimo e compreso, ma anche messo a nudo, svelando certe ipocrisie e alibi che fanno parte del racconto collettivo sull’infanzia. Il bambino, ha detto Marcon, “è una figura che permette l’instaurarsi immediato di un’estrema empatia tra opera e spettatore. Il bambino è una sorta di trigger, che mi permette di raggiungere lo spettatore in una certa maniera, se vogliamo anche un po’ maligna e sinistra”, “un cavallo di Troia che consente di sfondare una barriera, per introdurre altri temi”.

Il gruppo di sculture che l’artista ha allestito per Gammel Strand è composto da un’immobile sfilata di tredici bambini che ricordano le figure dei manga (o meglio “anime”) giapponesi. Teneri, dai tratti del viso schematizzati e di poco dissimili l’uno dall’altro, i piccoli musicanti aspettano, con gli strumenti in mano e lo sguardo innocente. Sono incantati. Pietrificati in sculture di cemento, tacciono insieme ai propri strumenti musicali.
La stanza, che a Copenaghen sceglie un pavimento rosa, è uno spazio raccolto e lontano dalla realtà quotidiana, un nido apparentemente sicuro che suggerisce delicatamente un momento di pausa. Il visitatore può indulgere nella simpatia per le sagome infantili, che sembrano chiedere tenerezza, protezione, ma ben presto si fa strada in lui un senso di apprensione e di minaccia.

L’istallazione coglie l’attimo di questa sospensione e lascia allo spettatore un pugno di domande.

Cosa succederà a questi bambini?
Ai bambini?
Quali certezze e quali prospettive lascia in eredità un’età piena di conflitti e incongruenze come quella attuale?

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Alessandra Sicuro si occupa di scrittura/cultura ed insegnamento nella propria ditta https://italiavivadk.com, a Studieskolen, in passato presso: Copenhagen Business School, Istituto Italiano di Cultura, Hot-magazine, etc. A questo affianca una vivace attività artistica: https://www.instagram.com/alessandra.sicuro

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