L’Italia nella vita e nell’opera di Karen Blixen di Rosanna Sabella

12 Maggio 2025
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L’Italia nella vita e nell’opera di Karen Blixen
di Rosanna Sabella

Sudore, lacrime e il mare: questi erano i tre rimedi per guarire dalle ferite profonde secondo la celebre scrittrice danese Karen Blixen, di cui ricorrono quest’anno i 140 anni dalla nascita.

E di ferite e lutti la sua vita fu costellata. Aveva poco più di 9 anni quando suo padre Wilhelm Dinesen, stimato proprietario terriero si tolse la vita. Da allora tutto cambiò a Rungsted, nella vita dell’agiata famiglia Dinesen. E Tanne – come veniva affettuosamente chiamata dai suoi genitori e dai fratelli – cominciò a viaggiare.

Berlino, Vienna, Londra, Parigi. E, un anno prima della sua partenza per l’Africa, Roma.

Il suo soggiorno più lungo in Italia risale al 1912, anno in cui, con l’amato fratello Thomas, fece visita alla cugina Anne Margrethe Grevenkop-Castenskiold, detta Daisy, sposata con un diplomatico danese di stanza nella Capitale.
In quell’occasione, oltre alla Città Eterna, Blixen ebbe modo di visitare anche Firenze e la campagna laziale (cfr. Judith Thurman, Isak Dinesen: The Life of Karen Blixen (1982).

Molti anni dopo nel 1957, quando la scrittrice aveva già 72 anni, la Blixen fu immortalata da Clara Selborn, sua biografa e amica, al Caffè Greco. Qui artisti, compositori e scrittori da tutto il mondo si intrattenevano a leggere e a conversare sorseggiando la calda bevanda di cui Tanne aveva imparato a conoscere bene l’aroma nelle sue terre in Africa.

L’ITALIA COME LUOGO ARCHETIPICO
Ben quattro racconti in Sette Storie Gotiche (Syv fantastiske fortællinger) fanno riferimento al nostro Paese.
La rappresentazione dell’Italia da parte della Blixen, che traspare dai racconti Vejene omkring Pisa (Le strade intorno a Pisa), Drømmerne (I sognatori), Et Familieselskab i Helsingør (La cena a Elsinore) e Digteren (Il poeta), ci indurrebbe a racchiudere – secondo la studiosa Francesca Turri – la sua visione del Belpaese in tre archetipi principali: l’arcadia, intesa come riunione conviviale e salottiera di persone che trattino cose anche futili (con aristocratica nonchalance); il femminile e l’esotico.

Le strade intorno a Pisa e I Sognatori sono ambientate in Italia, mentre il discorso sull’Italia assume altre forme ne Il Poeta e La Cena a Elsinore. I racconti, collocati in momenti diversi del XIX secolo fanno però tutti riferimento, seppure con diverse gradazioni, alla realtà del Grand Tour, di cui il nostro Paese era la mèta più ambita. Mentre nella Cena a Elsinore vi è solo un fugace rimando all’esperienza italiana di un anziano pittore danese, recatosi a Roma e a Napoli per ammirare l’arte e le bellezze dell’Italia, le altre novelle si rifanno in maniera più esplicita al contesto storico e letterario.

Le strade intorno a Pisa – l’unica delle Sette storie gotiche a svolgersi esclusivamente in Italia – si apre con la presentazione di Augustus von Schimmelmann, aristocratico danese che nel presente della narrazione (1821) si trova in una locanda toscana, dove si accinge a scrivere una lettera con non poche esitazioni. Schimmelmann si è recato in Italia per migliorare la sua formazione e attraverso di essa, ritrovare se stesso. Il nobiluomo è infatti colto da una crisi esistenziale, e quale cura migliore per la malinconia se non il Grand Tour? Così Schimmelmann, deluso dal fallimento del proprio matrimonio e dai rapporti sociali, decide di intraprendere un viaggio in Italia alla ricerca della verità. E lo fa proponendosi di seguire le orme della prozia, sperando che il proprio cuore venga a sua volta colmato da «al Livets Skønhed og Romantik» (tutta la bellezza e il romanticismo della vita).

AFFINITÀ ELETTIVE: KAREN BLIXEN E TIZIANO
Chi conosce ed ama la scrittrice danese, sa quanto grande fosse il suo interesse per le arti visive. Il talento per il disegno e la pittura che si manifestò fin nei primi anni della sua infanzia si sviluppò negli anni giovanili prima presso la Misses Sode and Medhal School poi presso l’Academy of Fine Arts di Copenaghen.

Nei suoi viaggi attraverso l’Europa ebbe modo di vedere da vicino molte opere degli amati pittori italiani. Ma fu per Tiziano che la Blixen provò la più grande attrazione, una sorta di affinità spirituale sul piano dei canoni della bellezza.
Ed ecco che Heloïse la protagonista femminile del ‘racconto d’inverno’ The Heroine“ viene descritta da Frederick, il protagonista della storia, come una Venere.

“Ella aveva tutte le grazie delle dee di Tiziano e del Veronese. I suoi lunghi e morbidi riccioli avevano la stessa pallida sfumatura dorata delle loro chiome; […] le sue carni possedevano la stessa misteriosa freschezza e luminosità delle loro carni. […] Egli sapeva però […] dove aveva trascorso tutti gli anni precedenti: […] fra le luminose colonne di marmo, sotto le fronde profumate, davanti all’abbagliante mare azzurro e alle nuvole argentee e rosee che aveva ammirato nei dipinti. Forse aveva un fanciullo negro al suo servizio. Talvolta Frederick sbrigliava l’immaginazione, e allora la vedeva negli atteggiamenti abbandonati delle dee – ma sì, vestita come Venere.”

Il dipinto in questione è Diana e Atteone di Tiziano Vecellio (1559 – National Gallery of Scotland, Edimburgo), che immortala l’attimo in cui Atteone sorprende la dea della caccia mentre fa il bagno nuda insieme alle sue ninfe.

A seguire verrà citato il Cristo sul Monte degli Ulivi di Marcello Venusti (Galleria Doria Pamphili, Roma): “era sorta la luna, e il tratto di cielo che la separava dall’orizzonte era come incipriato di polvere d’oro” e “cominciò a formarsi la rugiada.” dove si allude al mito di Diana conservato presso il Museo di Capodimonte, a Napoli.

I riferimenti all’arte italiana sono molti anche in questa raccolta dove nell’ultima novella, Ehrengard, la Blixen cita spesso un passaggio delle Vite dell’artista e storiografo Giorgio Vasari proprio nel punto in cui descrive le opere del grande pittore veneto: “condotte di colpi, tirate via di grosso e con macchie, di maniera che da presso non si possono vedere e da lontano appariscono perfette.” (Vol. VI, p. 166).

Ecco, è proprio così – secondo lo studioso e critico d’arte Ivan Z. Sørensen – che vanno lette le opere della Blixen. Bisogna fare qualche passo indietro, allontanare il racconto e guardarlo dalla distanza. In questo modo si scorge che è costruito come un mosaico.

E lo si apprezza in tutta la sua (complessa) bellezza.

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