DEVOZIONE E COMICITÀ: NAPOLI DIETRO LA MASCHERA

25 Ottobre 2017
Comments off
2.453 Views

DEVOZIONE E COMICITÀ: NAPOLI DIETRO LA MASCHERA
di Bent Holm

Napoli conserva un’innata e ricca cultura religiosa popolare, in parte trascurata, ma ancora oggi molto viva nei quartieri più decadenti, lontano da pizzerie e negozi per lo shopping frequentati dai turisti.

Il maestoso spettacolo di fuochi d’artificio, in cui il campanile della Chiesa del Carmine continua a bruciare fino a quando la  miracolosa Madonna Bruna, come per incanto, non spegne l’incendio.

La statua di sant’Anna, portata in processione tra i vicoli dei quartieri spagnoli, conforto per i disabili e gli ammalati. San Gennaro, patrono della città, che con il suo miracolo scioglie il sangue nell’ampolla. Tutti rituali che anno dopo anno si ripetono, di generazione in generazione, come un baluardo, nella speranza che una presenza sovrumana intervenga per salvare da una vita misera e precaria.

Sul piano umano, il proletario, che affronta la miseria nel modo più creativo, diventa una sorta di modello/icona, come nel caso della famelica figura di Pulcinella, grosso contributo di Napoli al teatro mondiale (che qui da noi ha un lontano parente in mester Jakel). La maschera napoletana rappresenta l’eterno sopravvissuto che vive di espedienti, in un mondo in cui quella della sopravvivenza è una vera e propria arte.

Nel tempo la città di Napoli ha consacrato una varietà di comici legati alla cultura della città, che sono riusciti ad esprimere la frustrazione e i sogni della gente, identificandosi reciprocamente in maniera straordinaria con il proprio pubblico. Alcuni di questi personaggi sono poi divenuti famosi a livello nazionale, altri addirittura oltre i confini.

E proprio a quest’ultima categoria appartiene il drammaturgo, regista ed attore Eduardo de Filippo (1900-1984). Eduardo, cresciuto sulle tavole del palcoscenico, figlio illeggittimo del famoso comico Eduardo Scarpetta, già allievo del grande Antonio Petito che aveva ereditato lui stesso la maschera di Pulcinella dal padre. Egli a sua volta l’aveva ricevutata dal proprio predecessore e così via, indietro nel tempo fino ai primi del ‘600, epoca della nascita di Pulcinella, la forma del teatro comico popolare veniva così continuamente aggiornata tanto che Scarpetta, ad esempio, aveva  scelto un Pulcinella senza maschera per le proprie rappresentazioni. Il punto di partenza, l’approccio artistico di Eduardo De Filippo potrebbe essere paragonato a quello di Charlie Chaplin e Buster Keaton- o  del geniale Totò, figura comica anche del cinema, analoga a quella di Pulcinella e che divenne poi un’icona napoletana. Totò cominciò la sua carriera a livelli molto umili, tra l’altro proprio come partner di Pulcinella. L’irriverenza anarchica dei suoi personaggi proletari e piccolo-borghesi gli valse una popolarità talmente travolgente che alla sua morte nel 1967, i funerali, con l’immancabile bombetta sistemata sulla bara, furono fatti tre volte, una a Roma e ben due volte a Napoli. Ancora oggi i negozi della città smerciano foto, statuine e amuleti sia di Totò che di Pulcinella, a rappresentare l’equivalente comico del patrono della città. La figura di Eduardo è profondamente ancorata alla città di Napoli e alla napoletanità, un insieme fatto di una speciale intonazione della voce, atteggiamento del corpo, gestualità, vitalità e tono dolorosamente sarcastico , generato da secoli di condizioni di vita disagiate, in vicoli stretti e spazi angusti.

Un vero paradosso che, proprio in virtù di questa forte componente di napoletanità, le sue opere si fossero distinte per qualità universali. Ma fu un processo lungo prima che Eduardo, nel suo stesso paese, venisse riconosciuto come qualcosa in più di un semplice commediante di talento, nato nella miserevole Italia del sud, al punto tale che il suo funerale nel 1984 fu considerato un evento di portata nazionale.

Lui Eduardo, sognando di creare un ‘teatro nazionale napoletano’ aveva investito cifre considerevoli per realizzarlo nello storico Teatro San Ferdinando. All’inaugurazione, nel 1954, furono rappresentate opere di Petito e Scarpetta e la maschera pulcinellesca di Petito fu consegnata nelle mani di Eduardo da un ‘erede’ di Petito, proprio come era stata consegnata a Petito da suo padre un secolo prima.

Un altro nome che, radicato nella tradizione napoletana , ha sviluppato delle espressioni teatrali originali, è quello del compositore, regista ed etnologo Roberto de Simone (1933-). De Simone, é in grado di combinare il lavoro artistico con quello della cultura popolare antesignana, in collaborazione con l’antropologa Annabella Rossi. In un paio di occasioni sono stato presente al loro lavoro su campo avendo io stesso il privilegio di essere accolto sotto l’ala protettrice di Annabella,  di cui mi considero allievo attento e grato.

Ciò che è interessante dire è che De Simone è figlio d’arte, nato in una famiglia di Pulcinella, cantanti e musicisti – e quindi rappresentante della successione come fonte di energia. Quando il suo leggendario spettacolo “La gatta Cenerentola” (Cinderella), basato su una tradizione di fiaba, magia e musica, andò in scena nel 1976, pare che Eduardo abbia dichiarato che adesso poteva morire in pace. Ora la maschera era in buone mani, per così dire pronta per essere a sua volta tramandata.

Bent Holm, dr.phil., studioso di teatro Italiano. Ha tradotto e commentato Napoli Milionaria 1994, e Filumena Marturano 2006, di Eduardo De Filippo. Nel suo volume Tro på teatret (Fede nel teatro), 2006, viene descritta la processione di Sant’Anna nei quartieri spagnoli di Napoli. Djævelens billede (L’immagine del diavolo), 2016, include un intero capitolo su Eduardo.

Comments are closed.