intervista a DANILO MARAMOTTI a cura di Leonardo De Chiffre

12 Giugno 2025
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intervista a DANILO MARAMOTTI
a cura di Leonardo De Chiffre

Danilo Maramotti, savonese classe 1949, ha prodotto centinaia di storie a fumetti e vignette per quotidiani e riviste, ed anche collaborato ad illustrare libri in Italia e Danimarca. A Maramotti è stato assegnato a dicembre 2024 un vitalizio secondo la legge Bacchelli.

Cominciamo dalla fine: da più di un anno hai smesso di lavorare. come hai accolto la notizia del tuo inserimento tra i beneficiari della legge bacchelli?
– Be’, ovviamente con molto piacere, non solo per i suoi vantaggi economici ma soprattutto per il riconoscimento che implica (addirittura si parla di “chiara fama” e si indicano i beneficiari come “cittadini illustri che hanno dato lustro al Paese in Italia e all’estero”). Ne sono quindi onorato e mi sembra che non avrei potuto concludere meglio la mia esperienza lavorativa.

E veniamo ai tuoi inizi: quando hai cominciato a disegnare?
– Be’, da bambino. Credo che in ogni classe ci sia un alunno a cui piace particolarmente disegnare e fa le caricature dei compagni e dei professori. A scuola quello ero sempre io.

E come sono entrati i fumetti nei tuoi disegni?
– Anche quelli piuttosto precocemente. Li leggevo con avidità, anzi li guardavo già prima ancora di imparare a leggere.

Credo di essermi alfabetizzato proprio su quegli album. A otto anni però ho visto il film Artisti e Modelle, con Jerry Lewis e Dean Martin, dove i due attori erano uno sceneggiatore e l’altro disegnatore di comic strip.

Fino ad allora non avevo mai pensato che ci fosse qualcuno, persone intendo, che realizzasse materialmente i fumetti. Lì cominciai a sognare di fare quel mestiere.

È stato difficile inserirti nel mondo dell’editoria?
Naturalmente ci sono voluti anni e molto esercizio per raggiungere un livello tale da essere pubblicato. Ma già finito il liceo negli anni settanta ho cominciato a collaborare con la rivista Horror della Gino Sansoni Editore, che pubblicava anche testate di avventura, gialle, di fantascienza. Per loro ho prodotto innumerevoli storie, sentendomi come uno di quegli scrittori di Pulp Magazine americane, di cui quelle testate erano l’equivalente a fumetti. Poi nei primi anni ottanta fui arruolato nella rivista Frigidaire, che andava per la maggiore nel mondo della controcultura metropolitana.

Sei l’unico disegnatore italiano che abbia prodotto serie di racconti lunghi di avventura, storie di costume, recensioni disegnate di film e libri, scolastica, fino alle vignette di satira quotidiana, eccetera… senza mai cristallizzarti su unico genere, ma praticandoli contemporaneamente.
– In effetti, anni di esercizio a disegnare e a scrivere in modi diversi mi hanno facilitato a essere piuttosto duttile. Si dice che un autore di fumetti debba essere un regista mancato, uno scrittore mancato e un illustratore mancato. È una boutade, ma credo sia vicina al vero.

Hai collaborato a riviste specializzate, quotidiani, settimanali, mensili, comparendo in testate di prestigio come linus, il corriere della sera e molte altre. hai avuto due importanti premi a forte dei marmi, una consacrazione per chi fa il tuo lavoro, il primo nel 1994 per la satira politica, il secondo nel 2010 in collaborazione col goethe institut.
– Infatti per diversi anni ho avuto così tanto lavoro da dimenticarmi che un giorno avrei potuto aver bisogno di una pensione. La crisi dell’editoria cartacea ha poi penalizzato dopo i primi anni del duemila non solo i disegnatori ma tutti i giornalisti. Apposta un gruppo di amici che ringrazio ha chiesto al Consiglio dei Ministri che mi venisse assegnato un vitalizio.

E veniamo ai tuoi rapporti con la Danimarca.
– La conoscevo un po’ per esserci stato qualche volta da ragazzo e avere nella sua capitale amici secolari, coi quali i rapporti non si sono mai interrotti dall’infanzia. Quando una rivista di satira e un magazine di viaggi mi chiesero un reportage disegnato su un qualsiasi posto del mondo a mia scelta (a quei tempi l’editoria non conosceva le ristrettezze di adesso) mi è venuto spontaneo indicare la Danimarca. Sapevo delle differenze di mentalità tra quella danese e quella italiana e immaginavo che ciò potesse avere diversi spunti per sorriderne.
Poi ho illustrato con piacere qualche pubblicazione per il Politecnico.

E ora che non disegni più come passi le tue giornate? Non ti annoi?
– Al contrario. Sono stato un paio di volta candidato alle elezioni della mia regione. Ma soprattutto faccio parte del collettivo Savona Disarmo e dell’associazione culturale Liguria Palestina, promuoviamo presidi settimanali, cortei, eventi e manifestazioni per mantenere viva l’attenzione dei cittadini, dei media e delle autorità sulla condanna del genocidio che stanno subendo i gazawi nella Striscia di Gaza. Un impiego del tempo più impegnativo dei fumetti, ma mi sembra il minimo che da qui ognuno possa e debba fare per ribadire il diritto internazionale e umanitario.

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Promulgata nel 1985 durante il Governo Craxi, la norma ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un fondo a favore di cittadini illustri che versino in stato di particolare necessità, i quali possono così usufruire di contributi vitalizi utili al loro sostentamento. Deve il nome al suo primo, previsto, beneficiario, lo scrittore italiano Riccardo Bacchelli che però non ne beneficiò mai perché promulgata due mesi dopo la sua morte. Tra i beneficiari: Alida Valli, Alda Merini, Giorgio Perlasca, Riccardo Orioles, Joe Sentieri, Zeno Colò, Gigi Villoresi, Duilio Loi, Umberto Bindi. Gino Bartali e Laura Antonelli lo rifiutarono, mentre l’attrice Anita Ekbert pur versando in difficoltà economica non poté mai accedervi perché cittadina straniera. Fonte: Wikipedia

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