In Cucina con IL PONTE

22 Aprile 2020
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Ragù alla bolognese, il sugo dei sughi!
a cura di Grazia Mirabelli

Giá nel 1891 nel suo manuale di gastronomia “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” Pellegrino Artusi descrive i maccheroni alla bolognese.
Dal 17 ottobre 1982, la ricetta originale del sugo è depositata alla Camera di Commercio di Bologna, insieme alle altre eccellenze gastronomiche della regione da tutelare.

Il termine “bolognese” è il più taroccato della cucina italiana all’estero dove viene utilizzato per indicare improbabili sughi, contenuti in vasetti o nei barattoli, usati come condimento degli spaghetti, secondo una ricetta molto gettonata negli Stati Uniti, in Inghilterra o anche in Danimarca, ma in una combinazione totalmente inesistente nella realtà gastronomica nazionale.

Tipico sugo a base di carne tritata, il ragù alla bolognese riafferma l’identità storica di uno dei piatti più gustosi della tradizione emiliana, le cui origini risalgono al medioevo, ed è tra i piatti italiani più famosi al mondo. Dal francese “ragouter”, letteralmente risvegliare l’appetito, il condimento nasceva inizialmente come salsa di carne servita per contorno. Solo più tardi, intorno alla fine del 1700, Alberto Alvisi, cuoco dell’allora cardinale di Imola, dette vita al primo, vero e proprio ragù, sugo servito come condimento per i maccheroni, piatto che campeggiava sulla tavola nei giorni di festa. Dal 1800 la ricetta entrò nei libri di cucina emiliani affermandosi sempre più come piatto tipico del territorio ed ancora oggi il ragù bolognese tradizionale viene cucinato nei ristoranti italiani di tutto il mondo. La ricetta seguita è quella originale, utilizza un misto di carni bovine e suine ed è il prodotto di una cottura lenta e prolungata che ne sottolinea ed esalta i sapori in un gusto decisamente unico.

Ragù alla bolognese
ricetta del ristorante Italy&Italy di Maurizio Mosconi, Ringsted
www.italy-italy.dk

Ingredienti per 6 persone
· 300 g di manzo magro macinato grossolanamente
· 200 g di maiale magro macinato grossolanamente
· 100 g di pancetta tagliata a cubetti o tritata
· 50 g di cipolla tritata
· 50 g di carota tagliata a dadini
· 50 g di sedano a dadini
· 500 g di pomodori pelati
· 150 ml di vino rosso
· 250 ml di latte fresco
· 2 foglie di alloro
· pepe nero e sale qb

Procedimento
Mettere la pancetta in una pentola di acciaio inossidabile a base spessa. Mescolare e cuocere a fuoco lento fino a quando il grasso si scioglie, aggiungere la cipolla e continuare a mescolare fino a quando la cipolla non è traslucida. Aggiungere la carota, il sedano e le foglie di alloro e lasciar cuocere fino a quando le verdure iniziano ad ammorbidirsi e ad avere un po’ di colore.
Alzare la fiamma e aggiungere le carni macinate, precedentemente mescolate e condite con sale e pepe nero. Continuare a cuocere mescolando con un cucchiaio di legno fino a quando la carne è ben cotta. Versare il vino e lasciare cuocere fino a quando il vino è evaporato.
Tritare grossolanamente i pomodori pelati e aggiungerli, lasciare a cuocere lentamente a fuoco lento per almeno 2 ore. Se il ragù risulta troppo asciutto aggiungere un po’di brodo di carne.
Aggiungere il latte, mescolare e continuare la cottura a fuoco lento per un’altra ora.
Regolare di sale e lasciare riposare.

 

Bologna, la grassa  e le sue tagliatelle

Bologna, capoluogo medievale della regione, definita “la Dotta”, per la prima università del mondo occidentale, quella di “Alma Mater Studiorum” fondata nel 1088, è soprannominata anche”la Grassa”, proprio per le sue innumerevoli passioni culinarie, tra cui tortellini, lasagne, tagliatelle al ragù, e in generale l’amore per la buona tavola.
Non a caso il ragù bolognese nasce per eccellenza proprio nella zona emiliana, nota per l’alta produzione di grano tenero, e regno della pasta all’uovo fatta proprio utilizzando farina di grano tenero. Una terra, l’Emilia, dove la preparazione della sfoglia è quasi un rito, dove con un semplice impasto di farina e uova, e il sapere tramandato di generazione in generazione, vengono prodotti innumerevoli tipi di pasta fresca, specificità del territorio, e dove il ragù viene tradizionalmente utilizzato per esaltare il sapore delle tagliatelle all’uovo fatte a mano, ma è usato anche per condire le più famose lasagne al forno, ricche cugine di fama internazionale.

La tagliatella è una cosa seria
L’amata tagliatella all’uovo deve il suo nome al “taglio” operato sulla pasta sfoglia, sapientemente tirata col mattarello e arrotolata su se stessa. È una pasta tipica emiliana ma diffusa in tutta la penisola la cui misura è stata depositata dall’Accademia della cucina italiana, nell’aprile del 1972, presso la Camera di Commercio di Bologna. Qui un campione in oro della famosa pasta viene custodito in uno scrigno riportante l’iscrizione: 8 mm. -misura della Tagliatella – Accademia italiana della cucina – 1972
La misura di mm.8 corrisponde alla 12.270 parte dell’altezza della Torre degli Asinelli, una delle cosiddette due torri simbolo della città di Bologna.

Qualche consiglio per cucinare le tagliatelle
· Salare l’acqua fredda con 10 g di sale per ogni litro
· Aggiungere la pasta quando l’acqua è in pieno bollore, poi mescolarla per evitare che le tagliatelle si incollino l’una all’altra
· Lasciare cuocere per 8/10 minuti continuando a mescolare
· È consigliabile cospargere la pasta prima con il parmigiano reggiano grattugiato che a contatto con il calore si scioglierà, e infine con il sugo ben caldo

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E sulle tagliatelle alla bolognese non può mancare una bella spolverata di
Parmigiano reggiano, fiore all’occhiello del Made in Italy
di Eleonora Autilio

Ci sono prodotti che più di altri hanno reso la tradizione gastronomica del Bel Paese così popolare ed ammirata. Prodotti con i quali spesso la cucina italiana viene identificata e che si distinguono non soltanto per il loro gusto delizioso ma anche per la loro unicità e storia. Uno di questi è il Parmigiano Reggiano, una vera istituzione in campo gastronomico.

La tradizione gastronomica italiana, con la bontà dei suoi piatti tipici, l’equilibrio di sapori ed ingredienti e il completo apporto nutrizionale, ha permesso alla cucina Made in Italy di fare il giro del mondo, ispirando numerose ricette, oltre che svariate imitazioni, spesso assai distanti dall’originale. Il parmigiano reggiano è un formaggio prelibato, che si sposa alla perfezione con numerosi piatti della tradizione e che vanta origini estremamente antiche risalenti al lontano XII secolo, epoca della grande bonifica e della trasformazione delle paludi della Pianura Padana in vasti pascoli verdeggianti da parte dei monaci benedettini e cistercensi di Parma e Reggio Emilia.

Nel corso dei secoli la ricetta di quel saporito formaggio a pasta dura, ricavato dalla lavorazione del latte in grandi caldaie, non ha subito rilevanti variazioni ed è giunta pressoché immutata sino ai giorni nostri. Non meraviglia affatto, dunque, che un formaggio con una storia così lunga e così profondamente radicato nella gastronomia nazionale sia stato insignito del marchio DOP sin dal 1996.
Non tutte le forme possono, però fregiarsi di tale denominazione. Soltanto quelle prodotte con latte proveniente dalla zona d’origine, costituita dalla provincia di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna e Mantova, e che abbiano superato i rigidi controlli del Consorzio, possono fregiarsi del marchio di autentico Parmigiano Reggiano DOP.

Su ognuna delle forme selezionate viene apposta una placca di caseina recante le iniziali del consorzio (CFPR) ed un codice alfanumerico che identifica ogni singola forma. Sullo scalzo viene stampigliata la caratteristica scritta puntinata che riporta il nome del formaggio e con la fascia marchiante si appone il celebre logo ovale e si indicano il codice del caseificio, il mese e l’anno di produzione. Le forme, infine, vengono dotate di un’etichetta di colore diverso in base alla durata del periodo di stagionatura. Il Bollino Aragosta identifica quelle maturate più di 18 mesi, caratterizzate dall’aroma delicato del latte fresco.
Il Bollino Argento quelle di maturazione superiore ai 22 mesi di consistenza friabile e profumo di spezie ed agrumi. Il Bollino Oro contrassegna, infine, quelle di maturazione superiore ai 30 mesi, le più rare e più pregiate, che si distinguono per la consistenza altamente granulosa, friabile ed asciutta e per il sapore più complesso caratterizzato da sentori di frutta secca e spezie.
Profumi, sapori, colori e consistenza del formaggio cambiano notevolmente a seconda della durata del periodo di maturazione, mai inferiore ai dodici mesi. Le diverse versioni del formaggio condividono, però, alcuni requisiti e caratteristiche comuni, hanno tutte forma cilindrica, una dimensione compresa tra i 35 e i 40 centimetri di diametro ed un peso variabile tra i 20 e i 40 chilogrammi.
Oggi sono circa 400 i caseifici che producono il Parmigiano Reggiano nel rispetto dei requisiti dettati dal Consorzio. Delle circa 135 mila tonnellate prodotte ogni anno., il 30% è destinato all’esportazione, a dimostrazione del notevole successo riscosso su scala internazionale.
Grattugiato su primi piatti e ricette gratinate, oppure ridotto in scaglie per insaporire antipasti, insalate e focacce, il Parmigiano è una vera star. I palati più raffinati potranno, inoltre, apprezzarne le più caratteristiche note gustative ed olfattive gustandolo al naturale, magari accompagnato da noci, frutta fresca, come la pera o miele. Oppure in abbinamento a vini deliziosi come il Colli di Parma e Malvasia secco, perfetti per gli aperitivi o ancora a Chianti Classico, Chianti dei Colli Senesi, Colli di Parma Rosso, Monica di Sardegna e Teroldego Rotaliano per tutte le altre occasioni.

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