Isolamento e aumento della disuguaglianza di Silvia Bic Favasuli

26 Agosto 2020
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Isolamento e aumento della disuguaglianza: perché le lezioni in video non bastano più
di Silvia Bic Favasuli

Dopo 40 giorni di lezioni davanti al computer, il momento che Martina Suigo, 9 anni e una chioma bionda arruffata, ricorda con più gioia sono i quaranta minuti in cui la maestra è sparita dal video. Saltata la connessione dell’insegnante, lei e i suoi 24 compagni di classe hanno potuto finalmente parlare tra loro. A turno, sono riusciti tutti a scambiare una parola e a recuperare una parvenza di quelle chiacchierate in corridoio che a Martina mancano così tanto. “Tra i quattro, Martina è quella che soffre più di tutti,” dice mamma Paola in video chiamata su Whatsapp, circondata anche da Marco, 12 anni, Lorenzo, 15, Mattia, 17 anni, quattro fratelli impegnati quotidianamente con la didattica a distanza (DAD).

Nonostante l’Italia stia pian piano allentando le misure di emergenza contro la pandemia del Coronavirus, le lezioni in video sono ancora l’unica forma di insegnamento consentita. Nessun incontro fisico tra studenti sarà possibile almeno fino a settembre, ha ribadito la Ministra Azzolina in Commissione alla Camera il 21 maggio.

Ma se da un lato dirigenti e associazioni di settore guardano con ammirazione allo sforzo fatto dai docenti per insegnare dal pc, la DAD sta mostrando anche limiti e pericoli.

“Non sappiamo cosa sta succedendo ai nostri ragazzi,” dice la professoressa Gilda Ricci, 60 anni, e una cattedra di Filosofia e Scienze Umane al Liceo Alfano I di Salerno. Sono due i ragazzini suicidatisi in città nel giro di una settimana, racconta al telefono la Prof, autrice insieme ad altri docenti di una lettera inviata alla Regione Campania per chiedere la possibilità di fare lezione all’aperto con i ragazzi anche dopo la fine dell’anno scolastico.
“Non vediamo i ragazzi di persona dal 5 marzo. All’inizio, vuoi forse per la novità, partecipavano tutti alle lezioni in video organizzate da noi docenti. Ma ora stanno mollando. Sentono la scuola come qualcosa di lontano da loro,” dice Ricci, che vede invece nelle lezioni al parco, anche durante l’estate, una risorsa fondamentale per recuperare un rapporto educativo interrotto da troppo tempo.

“L’Italia gode di bel tempo e grandi spazi verdi. Non capisco perché non usare queste potenzialità proprio ora,” dice Ricci, da tempo praticante appassionata dell’outdoor education diffuso nei paesi del Nord Europa.

A suonare il campanello d’allarme c’è anche Alessandra Cenerini, Presidente dell’Associazione Docenti e Dirigenti Scolastici Italiani (ADI). L’interruzione delle lezioni in classe sta avendo un impatto forte sull’equilibrio psicologico dei ragazzi, dice la Presidente.
“I ragazzi devono tornare a incontrarsi il prima possibile. Ma siamo già in ritardo per poter garantire lezioni regolari a settembre,” lamenta Cenerini, che chiede al Governo di avere al più presto un protocollo di misure di sicurezza così che istituti scolastici ed enti locali possano iniziare subito ad organizzare gli spazi in vista del rientro.

“Dobbiamo tornare sui banchi il prima possibile. E non a turni, non a singhiozzo, come sento dire. Per recuperare l’equilibrio psicologico dei ragazzi occorre garantire regolarità. Dobbiamo attivarci subito per trovare tutto lo spazio necessario al rispetto della distanza di sicurezza. Centri sportivi, parrocchie, teatri, tutto va bene,” dice Cenerini.

Disuguaglianze
Oltre all’isolamento dei ragazzi, la DAD sta creando grosse disuguaglianze tra studenti, enfatizzando fratture già presenti nel paese. Ciò succede per via della scarsa connessione internet nelle regioni periferiche d’Italia, ma soprattutto per colpa di disparità sociali e culturali forti.

“Nei primi livelli di scolarità, i genitori devono aiutare i bambini con il collegamento video, e devono in parte sostituire la maestra, che a scuola segue i ragazzi da vicino. Nelle famiglie in cui manca un certo livello culturale, la DAD non sta funzionando,” dice Cenerini.

C’è poi un altro aspetto, ancora più delicato. Non tutte le famiglie sono un luogo idilliaco e la scuola per molti ragazzi è l’unica evasione da rapporti familiari disfunzionali, sottolinea Alessandro Fusacchia, deputato del Gruppo Misto e membro della Commissione Istruzione alla Camera.

“La scuola è il luogo che opportunamente ti sottrae alla famiglia per emanciparti anche rispetto alla tua famiglia,” dice il deputato. Ma questo, con i ragazzi costretti a casa tutto il giorno, non sta più avvenendo.

L’”immoralità’” dei programmi scolastici
Se la disuguaglianza si attutisce recuperando il rapporto fisico tra studenti e insegnanti, c’è un altro passaggio chiave che questa emergenza potrebbe aiutare a affrontare.

“Non possiamo pensare di tornare a scuola a settembre con gli stessi programmi scolastici di prima. Erano già sbagliati prima e lo sarebbero ancora di più ora,” dice con energia Cenerini.
“Vorrei che il Governo lavorasse alla stesura dei nuclei fondamentali delle discipline scolastiche, l’essenziale che dobbiamo garantire ai ragazzi,” dice la dirigente.

Compito della scuola – per Cenerini – è insegnare ai ragazzi a imparare con autonomia e senso di responsabilità. I programmi scolastici “bulimici” come li conosciamo oggi, fatti di una rincorsa continua al contenuto, sono uno strumento “immorale” che lascia indietro i più deboli, quelli che hanno perso passi durante il lockdown, e non aiuta nemmeno i più bravi ad approfondire gli argomenti. Insegnare l’essenziale, e aiutare i ragazzi ad approfondire in autonomia gli argomenti di interesse permetterebbe a tutti di stare al passo, guadagnando anche indipendenza e fiducia in sé stessi.

“La DAD ci sta insegnando il valore aggiunto della lezione in classe: non la ripetizione a pappagallo di nozioni, ma il dibattito tra compagni, il laboratorio, la sperimentazione. Dobbiamo mirare a questo,” chiude Fusacchia.

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