Il pesto di Pra’: oro verde di Genova di Davide Pedrolli

2 Dicembre 2021
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Il pesto di Pra’: oro verde di Genova
di Davide Pedrolli

C’è un luogo a Genova dove i venti freddi del nord si fermano, la brezza del mare accarezza i campi, l’aria soffia tiepida, e dalla terra spuntano piccoli germogli di un verde delicato: è il basilico di Pra’. Siamo nello storico quartiere della Superba, patria dell’inimitabile basilico dalle piccole foglie concave e profumatissime. Pianta regale, come suggerisce l’etimo del nome OCINUM BASILICUM da cui nascerà il prelibato pesto conosciuto in tutto il mondo.

Non è un basilico qualunque, quello di Pra’ è il re incontrastato tra le piante di basilico, caratterizzato da una foglia particolarmente piccola ma dal profumo e sapore più intensi che mai. Il segreto della sua bontà risiede proprio nel luogo in cui nasce: nel punto preciso in cui i venti delle colline si fermano e l’aria accarezza i campi. È proprio il territorio, quindi, che fornisce l’ingrediente segreto per la crescita e la coltivazione di una materia prima straordinaria. Le colline, il sole, il mare, il terreno fertile e il vento sono ciò che ci vuole per far crescere al meglio questo tipo di basilico, un insieme di caratteristiche apparentemente semplici ma difficilmente riproducibili nella stessa misura in altri luoghi. In Italia esistono diverse tipologie di basilico ma il più famoso è quello di Pra’ dal profumo intenso, cui è stata riconosciuta nel 2005 la Dop (Denominazione Origine Protetta). L’uso delle erbe aromatiche per i liguri è una tradizione che ha origini nel Medioevo, con abitudini differenti, in base alle fasce sociali: i ricchi condivano i loro banchetti con spezie ricercate, mentre i poveri le usavano per insaporire minestre non troppo saporite.
In greco è basilikòs, cioè regale, pianta apprezzata per i suoi effetti sull’amore, sull’amicizia, sulla concordia. Carlo Magno lo fece coltivare nell’orto dei Semplici perché lo considerava una panacea a tutti i mali. Gli ortodossi lo usano nelle chiese per ricordare le piantine presenti intorno alla tomba di Gesù.

Un prodotto di antica tradizione
Le prime attestazioni scritte del pesto alla genovese risalgono alla prima metà dell’Ottocento, citato per la prima volta da Giovanni Battista Ratto nella sua opera “La Cuciniera genovese”.
La salsa sembra risalire all’evoluzione di una ricetta molto più antica, l’aggiadda (agliata), una salsa da mortaio a base d’aglio che nel XIII secolo, veniva utilizzata per la conservazione di cibi cotti, e incontrando le erbe aromatiche, di cui la Liguria per tradizione è la culla, ha dato origine a questo condimento straordinario.

Tenendo conto, inoltre, della natura intrinseca dei genovesi – noti da sempre come grandi navigatori, conquistatori e dominatori dei mari – va sottolineato come la ricetta del pesto genovese prima di “stabilizzarsi” e diffondersi in tutta Italia (e oltre confine) con gli ingredienti suddetti, abbia sicuramente conosciuto un’evoluzione.

Inizialmente infatti veniva utilizzato il formaggio d’Olanda, diffuso a Genova per via dei commerci marittimi con i paesi del
Nord Europa; il prezzemolo e la maggiorana, in assenza del basilico, data la stretta stagionalità di quest’ultimo e la mancanza di serre; aglio in abbondanza, sia per la forte influenza arabo-persiana che dominava anche la cultura culinaria di Genova fino alla fine dell’800, sia poiché era ritenuto dai liguri un’incredibile fonte di benessere e salute (quasi al pari di un medicinale).
Il nome di questa salsa, per cui la Liguria è famosa nel mondo, deriva dal metodo di preparazione originale: la pestatura delle foglie e degli altri ingredienti nel tradizionale murta’ (mortaio) di marmo con pestello in legno.

La ricetta del pesto tanto amata, non ha origini antichissime, risale alla metà del XIX secolo ma, è antica la tradizione che ha portato alla nascita di uno dei condimenti più famosi del mondo.
Storicamente, infatti, la Liguria è sempre stata patria e culla delle erbe aromatiche (non a caso, La Spezia deve il suo nome all’antico commercio di spezie che aveva sede in zona).

Lo stretto legame con il territorio di origine
Stefano Bruzzone e Alessandro Ferrari, titolari dell’azienda Pesto di Pra’, da cinque generazioni coltivano il basilico in serre affacciate sul mare. L’azienda nasce alla fine dell’800 e sino al 2003 si è dedicata alla coltura di questa profumatissima pianta. Da quell’anno si inizia a produrre anche il pesto, secondo la ricetta tradizionale genovese. Oggi si confezionano 600 chilogrammi di pesto al giorno.
Ancora oggi le serre disegnano il profilo di questi terrazzamenti e custodiscono all’interno una distesa verde soffice e profumatissima. «Sono tutte climatizzate, per mantenere una temperatura e un’umidità costanti, condizioni essenziali per far crescere bene le piantine di basilico”. La cura e l’attenzione dedicate a questi piccoli germogli sono fondamentali: le piantine vengono sistemate in una “nursery” dove rimangono i primi 14 giorni, dopodiché vengono diradate perché l’aria possa circolare tra le foglioline, impedendo la nascita di muffe o funghi. “Ogni serra ha un computer che stabilisce tutti i parametri: ogni aspetto è calibrato al millimetro. Un insieme di tecnologia e di perizia contadina, che consente anche di evitare sprechi di acqua e di rendere questa coltura completamente sostenibile».

Le foglioline di basilico si raccolgono a mano tra il 26esimo e il 31esimo giorno di vita per essere lavorate entro le 24 ore successive. Due persone sovrintendono alla produzione del pesto. Gli ingredienti vengono immessi uno dopo l’altro nei macchinari, per ultimo l’olio, che viene lasciato scorrere sulla parete di un grande mortaio, in modo che raccolga tutti gli olii essenziali lasciati dalle foglioline di basilico pestate.

La cura degli ingredienti
A rendere così speciale il Pesto di Pra’ sono gli ingredienti, scelti con accuratezza maniacale. Una selezione delle migliori materie prime insieme a una ricerca costante nell’implementazione dei macchinari che tritano, sminuzzano e mescolano gli ingredienti come fossero le mani di un artigiano. «Il nostro pesto viene preparato con 7 ingredienti soltanto: Trentingrana, olio extravergine di oliva, pinoli, basilico, aglio, Pecorino Romano, sale – spiega Stefano.
La scelta del Trentingrana invece di Grana Padano è dovuta al fatto che il formaggio trentino non contiene lisozima, un conservante per i formaggi stagionati che deriva dall’uovo: in questo modo rendiamo il pesto di Pra’ un alimento perfetto anche per chi ha intolleranze verso quel conservante. Il disciplinare prevede inoltre che si possano utilizzare sia Pecorino romano, sia Pecorino sardo. Noi abbiamo optato per il romano, che ha un sapore più delicato del Fiore sardo, oltre a essere più stabile. I pinoli sono liguri e l’aglio proviene dal Veneto e ha un gusto molto rotondo, simile al nostro Vessalico, che non possiamo utilizzare per la produzione limitata. L’olio extravergine, infine, è per l’80% proveniente dalla Puglia e per il 20% da olive taggiasche, delle nostre coste. Ecco, tutto questo crea il Pesto di Pra’».
Senza contare l’acqua sorgiva, il sole e la brezza marina, ingredienti scontati quanto indispensabili per dare a questo pesto il profilo organolettico così caratteristico e inimitabile.

Focaccia col formaggio al pesto
Ingredienti
300 g di farina di manitoba
175 g di acqua
30 g di olio extra vergine d’oliva
6 g di sale
500 g di stracchino o crescenza morbida
Un vasetto di Pesto di Prà di 130 g

Preparazione
Lavorare insieme farina, acqua, olio e sale fino a ottenere un impasto morbido e liscio. Dividere l’impasto in due pezzi da 300 g e da 150 g e lasciare riposare coperto per 30 minuti.
Tirare con il mattarello i due pezzi di pasta molto sottili, coprire con quello più grande la teglia unta con olio, distribuire lo stracchino su tutta la superficie, coprire con l’altra sfoglia e sigillare i bordi. Con pollice e indice pizzicare in più punti la sfoglia superiore, stracciandola e formando dei buchi. Cospargere con un filo di olio extravergine e sale.
Cuocere in forno caldissimo fino a quando la superficie non prende un colore dorato. Estrarre dal forno, condire con il pesto, lasciare riposar cinque minuti per fare addensare lo stracchino e servire.

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