Isole Svalbard, guardando al futuro dai confini del mondo
Testo e foto di Luca Bracali
Seicento milioni di anni fa erano situate all’altezza dell’Antartide. Oggi si trovano a meno di 1.200 chilometri dal Polo Nord geografico. Ultimo avamposto terrestre in Europa e porta di accesso per la calotta polare artica, le isole Svalbard, o arcipelago dello Spitsbergen sono ricoperte per un 60% da ghiacciai che al momento, non sappiamo ancora per quanto, conservano 7.000 km. cubi di ghiaccio. Abitate da 2.300 persone e circa 2.600 orsi polari, rappresentano una meraviglia della natura che ha pochi eguali sul nostro pianeta, soprattutto in considerazione dell’immenso patrimonio geologico che conservano dopo una migrazione territoriale così ampia, avendo attraversato ogni fascia climatica e geografica. È questo l’unico luogo al mondo dove si possono scoprire rocce appartenenti ad ogni era e il fatto che 400 milioni di anni fa questo arcipelago fosse ricoperto da piante e felci giganti e successivamente da foreste tropicali, dimostra che la storia che possono narrare sull’evoluzione del nostro pianeta è tanto lunga quanto preziosa.
Una moderna arca di Noè
E proprio in questo arcipelago ai margini del mondo, così apparentemente freddo e inospitale, ma famoso agli inizi del secolo per l’abbondanza di giacimenti carboniferi, che nel 2008 è stato creato il Global Seed Vault, banca mondiale dei semi, una specie di arca di Noè dei tempi moderni. Finanziata in buona parte da Bill Gates con un investimento di 25 milioni di dollari, la banca ospita oltre un milione di campioni di semi con lo scopo ufficiale di preservare la diversità biologica.
Fra queste, anche le 21 colture più importanti per l’umanità, ovviamente indispensabili in caso di cataclisma per ripartire da zero. Il tunnel di accesso alle camere di conservazione, lungo 120 metri, è stato posizionato all’interno di una grotta protetta dal permafrost per garantire una temperatura costante anche in caso di problemi agli impianti di refrigeramento. Ma proprio nel 2016 le prime infiltrazioni di acqua sono state un altro campanello di allarme che qualcosa sta cambiando a livello climatico a riprova di quanto sostenuto da Nikolay Osokin, glaciologo e dottore di ricerca in scienze geografiche il quale afferma che lo stato superiore del permafrost ha cominciato a sciogliersi più velocemente durante i periodi più caldi ma non è in grado di congelare di nuovo in estate e ciò porterebbe a future conseguenze ambientali, disastrose anche per il rilascio del metano intrappolato nel sottosuolo.
A tu per tu con l’orso polare
Le Svalbard di oggi, pur mantenendosi aggrappate all’ingente fonte economica di giacimenti di carbone, svelano timidamente ai rari visitatori le proprie bellezze naturali.
Tutto ruota attorno a Longyearbyen, la cittadina più a nord del mondo e capoluogo di queste isole equamente spartite fra norvegesi e russi. Qui le casette in legno dai tetti aguzzi con i loro colori scintillanti fanno da contrasto alle candide montagne che ammantano il paesaggio circostante.
La vista spazia alla ricerca di qualcosa a noi comune, di un punto di riferimento pur classico che sia. Macché, niente da fare.
La rete idrica corre sopra il livello stradale, case e negozi lasciano vergini le proprie serrature e le automobili vengono addirittura parcheggiate con le chiavi nel quadro e “imbrigliate” a connettori elettrici per prevenire il congelamento del radiatore. Scuola elementare e giardini pubblici presentano una alquanto inusuale barriera di difesa contro l’orso polare, non tanto per scaramanzia o eccesso di originalità, quanto per le sporadiche visite in paese del grosso plantigrado. Quarantadue chilometri di strade, cinquecento veicoli a quattro ruote e poco più di milletrecento motoslitte animano la città, il cui ordine viene mantenuto tale dallo spauracchio di una prigione monocella che negli ultimi dieci anni ha ospitato ben otto gentiluomini e tutti in stato… di ebbrezza.
Paesaggio surreale
Solo 1.300 chilometri ci separano dal Polo Nord, qui le temperature in pieno inverno, in questi ultimi anni, possono toccare, anche se raramente i -25° con bizzarre lingue verdi che colorano il cielo nelle lunghe notti boreali. I ghiacciai scendono a valle e la maestosa forza della natura ci mostra indifferente le sue vittime: scheletri di renne e volpi artiche segnano il nostro cammino, quasi un monito per quell’eccesso di imprudenza dettata dalla voglia di scoprire, di andare oltre, là dove persino il sole deve sottomettersi alle stagioni. Ma non sempre il mondo artico è così severo e lasciandosi trasportare dalla corrente fra gli anfratti più reconditi delle Svalbard si scopre un’altra meraviglia di questo piccolo eldorado. L’esile battello getta l’ancora. Il comandante fa cenno di scendere. Siamo oltre i 79° di latitudine nord in pieno oceano Artico. Alcuni pazzi si tuffano. Sorridono e si lasciano cullare dalle calde acque della sorgente sottomarina di Bockfjorden, una vera oasi in mezzo ai ghiacci eterni.
Un ennesimo gesto di sfida, forse l’imprevedibilità di un habitat estremo, quasi a ricordarci che 350 milioni di anni fa queste remote isole erano di passaggio all’Equatore…
Un po’ d’Italia
A nord ovest di Longyearbyen, a sei ore di motoslitta, incrociamo Ny Alesund, l’insediamento più a nord al mondo posizionato a 78°55” di latitudine nord ma che in realtà è un villaggio-laboratorio abitato esclusivamente da scienziati e ricercatori di dodici nazioni fra cui i nostri italiani del CNR che, attraverso la base “Dirigibile Italia”, hanno installato la torre artica più alta al mondo per lo studio della troposfera.
Una torre che non a caso porta il nome di “Amundsen-Nobile” perché proprio da qui partirono le due spedizioni in dirigibile del generale Umberto Nobile, quella vittoriosa del 1926 con il sorvolo del Polo Nord e quella tragica del 1928 dove il dirigibile, quasi a termine della sua missione, si schiantò sui ghiacci.
Dal 1991 al 2019 abbiamo visitato questo arcipelago dieci volte e sicuramente lo abbiamo trovato diverso nelle temperature, decisamente più calde delle media e nelle precipitazioni che da nevose spesso si sono trasformate in piovose. Le isole Svalbard si possono visitare con ogni mezzo possibile e immaginabile e per conoscerle nella loro vastità le abbiamo attraversate con gli sci, in motoslitta, in quad, con i cani da slitta, con la barca a vela e con la rompighiaccio. In inverno e in estate.
A fare da eco al fascino decadente di Barentsburg, città di minatori russi in cui proprio a causa dello scioglimento del permafrost il terreno sta cedendo e con esso anche le sue ricurve abitazioni, ci pensa Pyramiden, città fantasma. Un altro insediamento dell’ex-impero sovietico che durante lo sfruttamento dei giacimenti fossili ospitava un migliaio di abitanti. Oggi conta tredici persone in estate e tre in inverno, a supporto di un turismo piuttosto limitato che però promette una netta espansione. Come tutto il resto dell’arcipelago, la meraviglia della natura più a nord del mondo.
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Luca Bracali ha viaggiato in 146 paesi. È autore di 20 libri tra cui 4 della collana “LOCKDOWN” dedicati a Firenze, Venezia, Milano e Roma. Nel 2009 è stato l’unico giornalista a raggiungere sugli sci il Polo Nord geografico. Nel 2010 Bracali debutta nel mondo della fine-art photography e le sue immagini vengono esposte, come personali, in musei e gallerie di Roma, Sofia, Kiev, Odessa, Copenaghen, Yangon, Montreal e New York, oltre che a Bruxelles, presso la sede del Parlamento Europeo. Ha firmato 210 servizi come regista per Rai 1, è documentarista per Rai 2 e Rai 3 ed è stato ospite in 50 trasmissioni e TG delle reti Rai come esploratore e story-teller. Ha firmato diciotto reportage su National Geographic e le sue immagini sono state pubblicate da New York Post, USA Today Post, Fox News, Lens Culture, PetaPixel, The Times, The Guardian, Daily Express, Daily Star, Daily Telegraph e The Sun. Dal 2017 diviene ambasciatore a vita dell’associazione no-profit “Save the Planet”. Il Minor Planet Center di Cambridge ha intitolato a suo nome il 198.616esimo asteroide scoperto.
Frontiere e covid permettendo i prossimi viaggi fotografici lo porteranno a: gennaio in Norvegia, inizi febbraio in Svezia, fra febbraio e marzo in Finlandia, Capo Nord e Lofoten e per concludere la stagione delle aurore a metà marzo in Islanda.