Quell’angolo d’Italia accoccolato tra grande e piccolo Belt di Monica Lucignano

26 Agosto 2022
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Quell’angolo d’Italia accoccolato tra grande e piccolo Belt
di Monica Lucignano

La Fionia, seconda isola della Danimarca, conta più abitanti di Bologna, secondo i dati Istat del 2021. In questo luogo meraviglioso, accoccolato tra il Grande e il Piccolo Belt, c’è un angolo d’Italia che, attraverso la storia dei due protagonisti, e della loro voglia di dar vita ad un progetto ottimamente strutturato nell’ambito della hospitality, si configura come un vero esempio di ponte tra due culture, tema di cui da sempre è nell’intento della nostra rivista occuparsi.

Valentina Scarabelli e Omar Bo Gade sono la coppia italo-danese che gestisce il Fishing Lodge dove si occupano di hospitality offrendo servizi legati alla pesca ad una clientela per lo più straniera. Il loro punto di forza per un pubblico di esperti, ma anche di semplici appassionati, è la pesca alla trota di mare e al luccio. In questo progetto confluiscono le esperienze pregresse di entrambi, soprattutto per quanto concerne la pesca sportiva che comprende anche corsi per imparare a pescare, per imparare le tecniche di lancio e per la costruzione delle mosche. Per chi è già avvezzo a tutto questo, Omar e Valentina mettono a disposizione un piccolo shop in cui è possibile acquistare le attrezzature necessarie.

Un progetto innovativo questo del Fishing Lodge, con numerose ricadute positive su un territorio che, grazie all’impegno della coppia, vede prolungarsi la stagione turistica.

A questa struttura si affianca il ristorantino, che si rivolge soprattutto a gente del luogo e che ha i suoi prodromi nella Hosteria emiliana, di cui Å che buono rappresenta la proiezione naturale. Chiacchieriamo con Valentina, partner italiana della coppia.

Il tuo incontro con Omar?
Quando eravamo alle scuole superiori, poiché Omar –nato a Odense da genitori danesi- si è trasferito da piccolissimo in Italia, dove è cresciuto pur mantenendo un legame saldo con la Danimarca. Io, dal canto mio, sono di Spilamberto, in provincia di Modena, patria della consorteria dell’aceto balsamico, prodotto tradizionale di questa città. Nel 2012 abbiamo deciso di trasferirci in Danimarca per seguire un’intuizione, un’idea che piano piano e con tanti sforzi si è concretizzata tra alti e bassi e attraverso un percorso articolato. Nel 2014 abbiamo aperto il Denmark Fishing Lodge, e quasi per caso, su richiesta delle persone del luogo, sull’isola di Helnæs è nata anche Hostaria Emiliana, un’esperienza andata avanti fino a metà del 2018 quando, per vari problemi personali e difficoltà con la locazione, abbiamo dovuto chiuderla.

Perché la Danimarca, e com’è stato l’impatto?
Come tanti che lasciano il proprio paese, eravamo alla ricerca di un luogo dove poter sviluppare le nostre idee, un terreno fertile in cui con la nostra esperienza poter dar vita a qualcosa di nuovo e di utile che mancasse in quel territorio, e al contempo trovare uno stile di vita vicino alle nostre inclinazioni. Tutto ciò per noi era più facile in Danimarca, perché negli anni, nei tanti periodi trascorsi dalla famiglia di Omar c’eravamo fatti una base di conoscenze “pratiche” e sociali. I primi tempi ero alla continua ricerca di “collegamenti” con l’Italia e bisognosa di “italianità”; mi capitava di visitare spesso siti che potessero mettermi in relazione con il mio paese, tra questi ricordo di essermi imbattuta anche nella rivista Il Ponte. La vita qui in Fionia è a tratti come in una “bolla”, soprattutto nella nostra zona che è lontana da tutto, dove il dinamismo di Copenhagen e delle città è molto lontano, quindi anche le belle cose come la vostra, le iniziative, la community, tutto arriva molto “mediato”. Certamente il fatto che Omar sia danese di nascita è stato un aiuto a capire tante situazioni, anche culturali. Siamo partiti con una base, almeno teorica, già acquisita. Nella pratica poi abbiamo impostato la nostra attività sulla capacità di noi italiani di essere empatici, ospitali, professionali senza mai cadere negli stereotipi che penso non rendano giustizia a nessuno. Penso che la Danimarca sia una nazione con “due anime”. Copenaghen, ma anche Århus e Odense, e il resto della Danimarca rurale, fatta di piccoli paesi e tranquille cittadine, e noi eravamo decisamente più abituati alla prima. La seconda realtà è stata difficile da affrontare per una come me, nata e cresciuta nel centro storico di un tipico paese italiano nel quale esci di casa e difficilmente raggiungi un luogo senza prendere due caffè, dieci chiacchiere e un appuntamento per l’aperitivo! Difficile gestire tutto quello spazio e quel silenzio, per non parlare del meteo! Il primo impatto, di quella sera piovosa di ottobre, alla ricerca del nostro primo alloggio in un b&b in cambio di mano d’opera, in un paesino “fantasma” e dal nome impronunciabile mi ha messo a dura prova, era tutto così diverso e lontano. Lo sconforto è stato un compagno frequente in quel primo periodo. Ma la bellezza di questa natura, i colori, il mare, l’aria purissima, il calore di una casina rossa col tetto in paglia, il regalo che ti fa il sole quando arriva all’improvviso e una borsa sempre piena di progetti, sono stati per me l’antidoto alla malinconia.

Italiani sempre emigranti oppure una risorsa preziosa… com’è stato coniugare atmosfera scandinava e ospitalità italiana?
Non voglio sembrare presuntuosa, ma sono certa che gli Italiani all’estero siano una grande risorsa, un esempio di professionalità e umanità, non sempre riscontrabile in altre nazionalità. Ben lo sanno i molti imprenditori che hanno a che fare con lavoratori italiani e i moltissimi danesi che conoscono l’Italia in maniera un po’ più approfondita. Io personalmente non mi sono mai sentita “emigrata”, forse perché so che la nostra è un’esperienza di passaggio, che dura da 10 anni, e magari durerà altri 10, ma non definitiva. Il nostro ristorante Å che buono propone una cucina semplice, casalinga, basata su due proposte: una per gli ospiti che soggiornano al Lodge e che consiste in un menù fisso settimanale, e una per i clienti che vengono solo a cena, più che altro gente del posto, per i quali abbiamo un diverso menù alla carta e pizze alla pala. Tutto è importato dai nostri fornitori emiliani tranne il vino che è toscano. I pezzi forti sono la selezione di salumi e le tagliatelle con ragù tradizionale e la reazione dei clienti è quasi sempre di soddisfatto stupore: non si aspettano di trovare tanta Italia in un posto così “fuori dal comune”. Cerchiamo di fondere le cose “che fan star bene” delle due culture: la ricerca dell’atmosfera rilassata e intima, propria degli ambienti nordici, e la capacità innata degli italiani di entrare in empatia in modo genuino ma professionale. In pratica cerchiamo di unire l’arte del “far sentire bene in un luogo” e “l’entrare in sintonia con le persone, capire quello di cui hanno bisogno”. Tutto ciò nel tempo di una cena è naturalmente difficile da trasmettere, ma per gli ospiti che soggiornano qui per qualche giorno è più attuabile. Oltre ai complimenti per la cucina, per lo staff, i commenti più ricorrenti sono proprio “qui ci si sente come in una seconda casa”.
In estate il ristorante è aperto quasi tutti i giorni, in primavera e autunno solo nei week ends, mentre in inverno siamo chiusi e torniamo in Italia felici, soddisfatti e pronti per la stagione successiva che ci aspetta.

In attesa di scoprire quale sarà la prossima avventura di questa dinamica coppia, vi invitiamo a visitare il sito www.chebuono.dk.

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