Luci scintillanti. Tradurre Tove Ditlevsen – A cura di Alessandra Sicuro

14 Dicembre 2023
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Luci scintillanti. Tradurre Tove Ditlevsen
Intervista a Giulia Longo
A cura di Alessandra Sicuro

Una scrittura “straordinaria, inflessibile e flessuosa, la cronaca di una marginalità assoluta”, secondo Patty Smith, quella di Tove Ditlevsen, tra i casi editoriali degli ultimissimi anni nel mondo anglofono e in Italia, dove solo di recente la cosiddetta “Trilogia di Copenaghen” (Infanzia – Gioventù – Dipendenza) ha fatto conoscere al pubblico la scrittrice e poetessa danese. Eppure in Danimarca Tove è uno dei nomi più amati sia nella narrativa che nella poesia, in particolare per la raccolta “Blinkende Lygter”, uscita nel 1947, ed alla sua figura tormentata si associano i temi che ha trattato: l’infanzia perduta, il femminile, la dipendenza.
La prima antologia poetica di Tove Ditlevsen in italiano esce (finalmente) con la casa editrice piemontese Joker: “Una ragazzina che non vuole morire”. La traduzione è di Giulia Longo. Una filosofa che fa poesia!

Perché tradurre Tove Ditlevsen? Quale percorso ti porta a lei?
Un percorso che definirei poetico, a suo modo. Quando ho cominciato a studiare il danese, mi sono imbattuta in Inger Christensen, grande poetessa “filosofa” molto vicina ai miei stessi interessi speculativi. Tove, in un certo senso, l’ho incontrata dopo, anche se, quando arrivai a Copenaghen per la prima volta, trovai una stanza proprio a Vesterbro, il quartiere in cui Tove Ditlevsen è una sorta di genius loci. Lì anche la scuola porta il suo nome. C’è ancora un ristorantino in cui si recava per mangiare smørrebrød e bere birra e snaps, o la strada in cui nacque e a cui rimase sempre legata, così come il cimitero in cui è sepolta. Il cuore più autentico e antico di Vesterbro è ancora fortemente legato a Tove Ditlevsen.

Ci parli della scrittrice?
Tove nacque a Copenaghen il 14 dicembre 1917 in una famiglia operaia che viveva in un bilocale in Hedebygade. Il padre, lavoratore onesto – spesso disoccupato – e lettore impegnato, fu il primo a trasmetterle la passione per i libri, anche se le sconsigliò sin da subito di intenderla come una professione. La madre era invece una donna difficile, ed anche il rapporto con il fratello maggiore non fu sempre rose e fiori. Tove era una ragazzina bionda, pallida e magra, ritenuta da tutti un po’ strana per la predilezione per la poesia che manifestò sin dall’infanzia. Per lei fu piuttosto difficile il periodo scolastico. Tove era infatti tra i pochi bambini ad essere in grado di leggere e scrivere già prima della scuola elementare, ma ciò nonostante la sua insegnante la sottopose a diversi castighi e maltrattamenti. Mi è rimasto impresso l’episodio in cui in classe lessero ad alta voce dei salmi religiosi in rima, e lei scoppiò a piangere, perché per la prima volta avvertì la “musicalità” della lingua danese. Tutta la classe si mise a ridere, e lei da allora cominciò a nascondere questa sua passione, perché si vergognava di essere presa in giro per qualcosa che, invece, la commuoveva per davvero.

Come si inserisce nel panorama letterario danese e in quello internazionale?
In Danimarca Tove Ditlevsen è una celebrità, e rientra a pieno titolo tra gli scrittori più importanti del Novecento. Dal 1956 fino alla morte avvenuta vent’anni dopo, Tove tenne persino una rubrica di posta assai seguita, in cui rispondeva alle lettere più curiose dei suoi lettori spesso con consigli di vita e di buona condotta, lei che invece ebbe un’esistenza piuttosto turbolenta.

Tove si sposò infatti quattro volte, ebbe tre figli con tre mariti diversi, e morì suicida nel marzo 1976. A livello internazionale, le sue opere hanno oltrepassato i confini europei e attirato attenzione oltreoceano in tempi relativamente recenti, essendo stati riscoperti quando, nel 2021, il New York Times ha indicato la sua Trilogia di Copenaghen, allora appena tradotta in inglese, tra le migliori pubblicazioni dell’anno. È allora che è nata la cosiddetta “Tove fever”, una contagiosa febbre letteraria che ha colpito l’Europa come gli Stati Uniti ed ha fatto sì che fosse avvicinata a Elena Ferrante e Annie Ernaux, vincitrice del Nobel nel 2022, sottolineando come quest’ultima, nel genere della scrittura autobiografica in cui eccelle, sia stata preceduta di appena cinquant’anni proprio da Tove Ditlevse

Tradurre è anche comprendere profondamente. Che cosa si prova a tradurre la poesia e non un saggio? Cosa è necessario?
Bisogna immergersi in tutt’altra atmosfera. Nel caso specifico, non si tratta tanto di tradurre “poesia”, quanto di tradurre “Tove Ditlevsen”. Non ha niente a che vedere con Kierkegaard, ad esempio, per tradurre il quale c’è bisogno di una preparazione a tutto tondo in filosofia, teologia, cultura classica, oltre che in lingua danese, ma nemmeno con Inger Christensen, poetessa anche lei ma a me più congeniale perché “intrisa” di filosofia.

Tove è invece un’esperienza a sé. La cosa più difficile da restituire in italiano sono proprio le rime, che nel danese di Tove rendono i suoi versi tanto perfetti. A volte sono stata costretta a fare scelte difficili: è stato quasi impossibile rendere la bellezza, la musicalità delle poesie di Tove senza “forzare” un po’ la resa in italiano.

Nel recente convegno di Lingue Scandinave tenutosi all’Università di Milano, hai presentato un lavoro definito “pioneristico” sull’architettura del linguaggio in Kierkegaard. La struttura del linguaggio/pensiero poetico, ad esempio in Tove, è tutt’altra cosa oppure no? Esistono dei punti di contatto?
È il ritmo, unito all’immediatezza dei contenuti, data dalla quotidianità delle cose di cui scriveva, la vera magia dei suoi versi. Non è un caso che la cantante Anne Linnet abbia “musicato” con successo le sue poesie. Negli ultimi anni di vita, Tove usa una bella espressione “architettonica” un po’ misteriosa come titolo di una sua raccolta poetica: “Det runde værelse” [La stanza rotonda], uno spazio che non corrisponde a nessun edificio realmente esistente ma che esiste soltanto nell’interiorità di ognuno. Lo chiama “hjertets lønkammer”, l’eremo della propria stanza all’interno del cuore, e scrive che sin da bambini ci creiamo tutti una sorta di zona franca e segreta accessibile a noi soltanto. Tove stessa soffrì molto nel dormire nella camera dei genitori e nel non avere mai “una stanza tutta per sé”: all’inizio nascondeva il quaderno di poesie sotto il cuscino, perché il letto era il solo posto che sentiva suo. A me piace molto il titolo di una sua poesia che poi ha dato il titolo all’antologia che ho tradotto in italiano: “Der bor en ung pige i mig, som ikke vil dø” [Dimora in me una ragazzina che non vuole morire]. All’inizio volevo riportare il titolo per intero, mentre l’editore ne preferiva uno più “snello”, coniugato al futuro, tipo: “Una ragazzina che non morirà”. Ma scandagliando i versi di Tove, ho capito che usando quel verbo lei voleva rimarcare una volontà. È così che ho scelto di essere fedele al suo sentire, e ho intitolato l’antologia: “Una ragazzina che non vuole morire”.

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Giulia Longo si è formata all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Dottore di ricerca in Filosofia, ricercatore-ospite presso il Søren Kierkegaard Forskningscenter dell’Università di Copenaghen, più volte borsista presso l’Accademia di Danimarca a Roma. Vive tra Italia e Danimarca, occupandosi di filosofia ed estetica, lingue, arte, cinema e poesia. È responsabile del Presidio Letterario per la Società “Dante Alighieri” di Copenaghen e membro fondatore del comitato di ricercatori che ha chiesto a gran voce una “Søren Kierkegaard Hus” a Copenaghen. Collabora con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Thorvaldsens Museum e l’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen. Oltre a vari scritti di Søren Kierkegaard, ha tradotto la prima raccolta poetica di Inger Christensen “Lys” [Luce] ed è in preparazione un volume collettivo che includa anche la seconda raccolta “Græs” [Erba] e alcuni componimenti giovanili per la casa editrice Interno Poesia nel corso del 2024. In preparazione per il 2025 anche una selezione di poesie di Michael Strunge dal titolo “Min krop er tung af drøm” [Il mio corpo pesa di sogni]. Ha curato la prima antologia poetica di Tove Ditlevsen in italiano: “Una ragazzina che non vuole morire”, Joker, dicembre 2023.

La raccolta di Tove Ditlevsen in lingua italiana sarà presentata insieme a quella di Patrizia Cavalli in lingua danese presso l’Istituto Italiano di cultura a Copenaghen, il 16 gennaio 2024 alle ore 19, in una serata corale italo-danese dal titolo: “Tove Ditlevsen & Patrizia Cavalli”. Saranno presenti le due traduttrici, Giulia Longo e Kirsten Nørgaard Cesareo.

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