Pragmatismo e positività italiana a Copenaghen di Monica Lucignano

9 Dicembre 2023
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Pragmatismo e positività italiana a Copenaghen
di Monica Lucignano

È in aumento il numero di Paesi europei dove è in costante crescita il ricorso all’osteopatia. Ormai dal 2018 in Danimarca, dal 2020 in Italia, riconosciuta come professione sanitaria a tutti gli effetti

Giovane, preparata e con una volontà di ferro, si definisce determinata e con la testa dura, la fisioterapista meneghina laureatasi alla Statale di Milano nel 2015. Deborah Tassi, passato da danzatrice professionista, nel 2019 ha aperto uno studio di Osteopatia e Fisioterapia a Copenaghen dove è approdata nell’ottobre del 2016 per seguire il suo ragazzo italiano dopo quattro anni di fidanzamento e una storia a distanza molto impegnativa.

Laurea alla Statale di Milano, Master in Danimarca: hai riscontrato differenze tra i due sistemi educativi?
Sono stata sempre affascinata dall’osteopatia, anche quando studiavo a Milano, e ho scelto questo master perché ho capito che mi avrebbe reso più competitiva sul mercato del lavoro. Essere più brava non basta, devi avere qualcosa che gli altri non hanno.
Sono state due esperienze diverse, alla Statale di Milano ho studiato full time, mentre in Danimarca il master mi permetteva di lavorare e di frequentare le lezioni preparando gli esami durante il fine settimana. È stato più impegnativo, a volte proprio faticoso, ma ho profuso lo stesso impegno personale trovando entrambi i sistemi educativi molto buoni.

Una nuova vita in un nuovo Paese…deve essere stata un po’ dura
Si, ho dovuto chiaramente ripartire da zero perché non avevo nessun networking e in più lo scoglio linguistico da superare. Ho atteso il riconoscimento del titolo per nove mesi, durante i quali non potevo esercitare la mia professione di fisioterapista. Così ho cominciato a studiare il danese e sono stata assunta come massaggiatrice in una spa di alto livello in centro città. Quando ho avuto il riconoscimento del titolo sono passata ad una clinica privata chiropratica con un impiego part-time, però non mi sentivo al posto giusto, non ero valorizzata per quello che sentivo di valere, anche se i colleghi erano tutti molto carini.

Poi il salto di qualità, arrivato con l’osteopatia e l’incontro con Aleksandra Zegalski, oggi mia socia, con la quale decidemmo di aprire una nostra clinica. Abbiamo cominciato in sordina, con una stanza part-time nel seminterrato ma, nonostante sia arrivato il covid a quattro mesi dall’apertura, oggi a distanza di quattro anni, abbiamo una clinica di tre stanze al primo piano di un edificio, in un ambiente molto elegante, dove ho trovato la mia dimensione e dove ho quattro persone che lavorano per me. Questo mi ha permesso anche di ricominciare a lavorare con danzatori professionisti.

Cosa cambia tra Italia e Danimarca secondo te?
La prima differenza che mi viene in mente riguarda la flessibilità nel mercato del lavoro. Cercando di entrare in contatto con le compagnie di danza danesi ho contattato la fisioterapista del
Royal Danish Ballet, che mi ha invitato a teatro per conoscerci e, oltre a dispensarmi molti utilissimi consigli, mi ha passato il contatto di una importante compagnia di danza contemporanea (Danish Dance Theater) con la quale ho iniziato a lavorare. Ero una perfetta sconosciuta, in Danimarca da appena un paio di anni, eppure per lei è stato normale mettermi in contatto con loro, cosa impensabile per un’italiana! A Milano ci avevo provato con il Teatro alla Scala, e non ho mai ricevuto risposta, perché in Italia devi avere i contatti giusti, lì è più difficile crearti certe possibilità. La mia impressione è che qui in Danimarca ci sia una maggiore apertura, che diano molte più opportunità alle persone capaci, che ti diano la possibilità di farcela se dimostri impegno e competenza. In sette anni credo di aver realizzato un bel po’ di obiettivi rispetto a quello che avrei potuto fare in Italia. Inoltre, l’ambiente lavorativo qui è più rilassato, e il modo di intendere il lavoro diverso. Qui il lavoro non è vissuto come la parte preponderante della tua esistenza, c’è grande considerazione delle esigenze personali, e un notevole equilibrio tra vita privata e attività lavorativa. Infatti, molti dei miei clienti vengono in studio per le terapie durante l’orario di servizio e questo non costituisce un ostacolo da parte del loro datore di lavoro. L’orario è ridotto rispetto al nostro, e lo straordinario è quasi scoraggiato. Il tuo tempo in Danimarca è molto valorizzato, mentre un fisioterapista italiano può avere una giornata lavorativa anche di 12 ore, io entro le 19.00 ho finito, e non lavoro nei fine settimana. Lavori il giusto e hai un buono stipendio.

Che idea ti sei fatta in base all’esperienza vissuta finora in questo Paese?
Sono senza dubbio culture diverse, la capacità di accoglienza istintiva degli italiani qui manca, però se riesci ad abbattere l’iniziale muro di diffidenza, i

danesi si rivelano gentilissimi, fedeli e riconoscenti. Manca il calore, la vicinanza degli amici, ed anche tra colleghi è un po’ carente la spontaneità nel rapporto personale che qui non è facile tessere. In compenso io ho amici internazionali, non solo danesi e italiani. I danesi hanno la capacità di preservare i loro rapporti personali fin dall’infanzia, entrare in una cerchia di amici del genere è molto difficile, soprattutto dopo i 25 anni. L’inclusività degli italiani, da questo punto di vista, è tutta un’altra storia.

Ad una giovane donna decisamente caparbia ma con un pizzico di nostalgia per la sua gente, auguriamo di continuare a realizzare la propria vita secondo i propri desideri.

osteomedica.dk

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