Olio Extravergine d’Oliva, Elisir Mediterraneo
a cura di Luca Morelli
Da nord a sud del Bel Paese, l’olio d’oliva può essere reperito in vari modi: attraverso parenti o amici che lo producono, acquistandolo al supermercato, direttamente presso frantoi o cooperative, o al mercato. Indipendentemente dall’origine e dal come procurarselo, l’olio d’oliva è un prodotto che non manca mai nelle case italiane, specie quello extra-vergine, il più apprezzato. Questo tipo di olio ha raggiunto da diversi anni lo status di “superfood”, ma già gli antichi abitanti del Mediterraneo avevano intuito i suoi benefici e lo impiegavano per svariati scopi, sia alimentari che non.
Paolo Simone, che continua la tradizione familiare nella produzione di olio di alta qualità in Puglia, insieme a sua sorella e suo fratello, risponde alle domande sulla qualità e sugli usi dell’olio d’oliva. Di seguito riportiamo alcuni passi della nostra conversazione telefonica.
Innanzitutto ci sono da dire due cose: una è che in Italia sono presenti tantissime varietà di olive differenti, che daranno vita ad un olio di sapore diverso. Ad esempio, quella che usiamo noi è la Coratina Pugliese, che, essendo la cultivar più ricca di polifenoli, genera un olio più piccante e amaro. La seconda cosa è che l’olio fa bene alla salute, c’è poco da fare. Mangiare bene e inserire nella nostra alimentazione un buon olio extravergine (EVO), è, per noi, una sorta di elisir di lunga vita.
E difficile trovare un olio con queste caratteristiche?
No, se usiamo l’olio della campagna corrente (23/24 per questo anno), vecchio di massimo un anno. L’oliva appena trasformata dà vita ad un olio fruttato, amaro, piccante. Non si trova un olio con queste caratteristiche nella grande distribuzione, il consumatore di solito richiede un olio ‘piatto’.
Fare un giro nei supermercati alla ricerca di buoni oli d’oliva può essere complicato. A Copenaghen, tra i 12 oli d’oliva trovati in 4 supermercati, su un solo olio era riportata la data di produzione anche se su tutte c’era chiaramente la data del “consumarsi preferibilmente entro”. Tuttavia, è difficile per il consumatore capire se sta comprando un olio d’annata con così poche informazioni in etichetta.
Non lo si può capire infatti. La data riportata del ‘best before’ indica, per legge, 18 mesi dopo che l’olio è stato messo in bottiglia. Ma se in bottiglia viene messo un olio non appena franto, questa direttiva assume poco senso.
L’acquisto diretto, e comprare IGP, che è più controllato, è la scelta migliore. È importante differenziare tra le tipologie d’olio che si sta comprando.
Esistono tre categorie merceologiche principali dell’olio di oliva vergine, che è quello macinato meccanicamente: olio d’oliva extra vergine, olio di oliva vergine e olio di oliva lampante.
L’olio extravergine è privo di difetti al palato e ha acidità libera non superiore allo 0,8%. Dura più a lungo.
L’olio vergine ha acidità libera non superiore al 2% e qualche difetto.
L’olio lampante ha acidità superiore al 2% e non può essere usato così dal consumatore. È chiamato così perché nell’800 veniva usato per illuminare le capitali europee. Può essere raffinato, miscelato con olio vergine e messo in commercio sotto il nome di olio di oliva.
Se un olio ha altri tipi di diciture, significa che è stato raffinato o estratto tramite solventi, come tutti gli oli di semi.
Sempre ricercare un olio quantomeno vergine, dunque. La produzione di olio d’oliva ha subito variazioni significative negli ultimi anni. Nell’ultima campagna, in Spagna, è stata prodotta la metà della quantità di olio rispetto agli anni precedenti a causa, tra le altre, della siccità. Come è andata in Italia?
Vero, un dato terribile. Ed infatti i prezzi sono saliti anche del 50% quest’anno.
In Puglia, dove ci sono 60 milioni di alberi, viene prodotta quasi la metà dell’olio nazionale. E se ci aggiungiamo la Sicilia e la Calabria si arriva a superare l’80% della produzione interna. Quindi non ci possiamo lamentare. Ma il cambiamento climatico è un grande rischio per l’olivicoltura.
La vostra è una regione con una grande tradizione olearia. Come è cambiato il rapporto tra questa realtà e gli abitanti negli ultimi anni?
Nella nostra Puglia in passato non si capiva molto bene il concetto salutistico dell’olio: praticamente ognuno faceva il suo olio, che poi teneva per tutto l’anno e distribuiva a parenti ed amici. E si percepiva che facesse bene, ma non si capiva il perché.
Negli ultimi 10 anni si è arrivati, attraverso gli studi e le università, a definire un concetto di produzione molto tecnico. Il buon olio si fa in campagna.
Anche il gusto sta cambiando. Chi prima cercava un prodotto piatto, ora cerca un olio più fruttato. Si inizia a capire che è più naturale, che incide positivamente sulla salute. È questione di tempo e conoscenza. I polifenoli e le vitamine all’interno dell’olio fanno bene, e dal punto di vista gustativo se ne può assaporare uno di qualità quando esso è fruttato, intenso, amaro e piccante.
Conoscenza che si fa largo, e l’olio extravergine oggi è ricercato in pratica in tutti i paesi del Mondo, giusto?
Ma é chiaro. L’EVO é un prodotto d’eccellenza richiesto dal Brasile al Giappone. Ma anche l’olio vergine. D’altronde, si capisce la differenza tra
un frutto di campagna, che viene franto meccanicamente e stop, il processo è finito, a fronte di un olio non vergine o di semi, ottenuto da processi chimici, tramite solventi, spesso, derivati dal petrolio. A questi ultimi capisco che si possa preferire il burro…
Qual è il modo migliore per assaporare un buon olio e come va conservato?
Consiglio di utilizzare un buon olio rigorosamente a crudo per preservarne al meglio le caratteristiche e i benefici.
E ricordiamo che l’olio d’oliva va conservato al buio, poiché la luce ossida più dell’ossigeno!