Italia e Danimarca:
come integrare due culture culinarie differenti per chi proviene dal Bel Paese
Incontro con la nutrizionista Ludovica Ibba
di Giorgia Scalchi
Trasferirsi all’estero è una scelta che inevitabilmente conduce al cambiamento. In particolare, chi proviene dall’Italia, porta con sé un ricco patrimonio culturale, e la cucina, parte integrante dell’ identità nazionale, ne è un esempio significativo. Le disparità culinarie tra Italia e Danimarca emergono fin da subito e modificare le proprie abitudini alimentari non è un processo semplice, è piuttosto soggettivo e può richiedere tempo. Per esplorare più a fondo questo argomento, abbiamo incontrato la dottoressa Ludovica Ibba, biologa nutrizionista italiana residente a Copenaghen.
Durante la nostra conversazione con Ludovica, ci siamo interrogate sulle principali sfide alimentari che una persona affronta nel passaggio dall’Italia alla Danimarca, e come lei stessa sostiene, questo cambiamento può inizialmente avere un sapore agrodolce.
“Fare la spesa in un supermercato all’estero può essere un’esperienza affascinante, ma talvolta può anche rivelarsi un po’ travolgente. Dalla barriera linguistica alla fretta di ottimizzare i tempi, spesso si è portati a scegliere cibi più familiari anziché sperimentare i prodotti locali”, osserva Ludovica che svolge la sua professione in Danimarca già da qualche anno ed ha incontrato molti italiani.
“L’italiano non solo ha un forte attaccamento ai propri “comfort food”, che variano molto da regione a regione, ma tende anche a sentire la mancanza di alcuni prodotti come farinacei, verdure e formaggi che sono meno comuni in altri paesi. Ad esempio, in Danimarca, non c’è una vasta scelta di yogurt come quella che si trova in Italia; tuttavia, si possono trovare prodotti locali come leverpostej e torskerogn. Inoltre, la cultura danese non prevede l’uso dell’olio extravergine di oliva come condimento tanto quanto in Italia, di conseguenza, consumando pasti fuori casa, si registra un maggiore consumo di grassi saturi.
Anche l’esperienza durante la pausa pranzo può essere particolare, soprattutto alla mensa dell’azienda dove è facile trovare piatti come la “pasta salat”, spesso fredda, molto cotta e condita con “sughi“ bizzarri. Ma anche una visita in pizzeria può lasciarci disorientati davanti ad una pizza con il pollo”.
Di fronte a un cambiamento delle abitudini alimentari, come quello che si verifica quando ci si trasferisce all’estero, quali sono le possibilità a disposizione per un’alimentazione corretta?
Si può scegliere di limitarsi a consumare cibi conosciuti rischiando però di non assumere una varietà sufficiente di nutrienti essenziali e micronutrienti, oppure si può mantenere la dieta mediterranea, integrandola con prodotti locali. Questo approccio può portare a un miglioramento generale, aumentando l’assunzione di fibre grazie all’introduzione di cereali integrali, cavoli locali e ortaggi a radice, e di grassi “buoni” grazie a un maggior consumo di pesce azzurro, ma per adattarsi a nuove abitudini alimentari, è fondamentale anche coltivare la curiosità documentandosi sugli alimenti base della Danimarca, e sui loro usi e benefici. In questo modo ci si potrà aprire con maggiore entusiasmo ai cereali e alle verdure locali, come la segale e gli ortaggi a radice. Per chi ha una vita lavorativa frenetica con frequenti pasti fuori casa, il consiglio è quello di mantenere, per quanto possibile, un’alimentazione sana, varia e ricca di verdure. Altra buona norma è quella di adottare gli orari dei pasti danesi, anticipando in particolare la cena e concentrando l’assunzione di cibo in un arco di 12 ore, pratica che si rivela vantaggiosa per la salute.”
E per i più piccoli?
Riguardo all’alimentazione dei più piccini invece, bisogna dire che l’influenza dei genitori è determinante.
Le difficoltà nell’integrare nuovi cibi, spesso percepite come un problema dei più piccoli, in realtà riflettono le scelte e le abitudini alimentari degli adulti. I bambini nati in Italia ma che crescono in Danimarca, essendo abituati fin da piccoli ai sapori locali, non avranno difficoltà a adattarsi al cambio di alimentazione. Per quanto riguarda invece i bambini che nascono in Danimarca, spesso i loro genitori scelgono di affidarsi ad un medico dell’infanzia proveniente dall’Italia per essere guidati nello svezzamento anziché seguire le linee guida locali.
A tal proposito non dovrebbero esserci differenze nelle raccomandazioni tra Danimarca e Italia, poiché entrambi i paesi dovrebbero seguire le linee guida dell’OMS?
È vero, tuttavia, sembra esserci una preferenza da parte dei genitori italiani ad avere un punto di riferimento che parli la propria lingua madre, durante questa fase delicata dello svezzamento, momento di grande incertezza e ansia per i neogenitori- aggiunge Ludovica. Purtroppo, in Italia si tende ancora ad intraprendere uno svezzamento di tipo tradizionale ormai non più raccomandato, con l’utilizzo esclusivo delle pappe e in cui il bambino viene nutrito dal genitore. Anche in questo caso consiglio di aprirsi alle modalità preferite qui in Danimarca dove vi è tanta enfasi sull’autonomia del bambino perché impari a nutrirsi da solo prima del suo ingresso all’asilo nido che solitamente avviene intorno ai 10 mesi.
In conclusione, il trasferimento in Danimarca per chi proviene dall’Italia, implica una trasformazione non solo geografica ma anche alimentare di grande portata. La difficoltà nell’adottare le abitudini culinarie locali può essere tuttavia superata con un mix di apertura mentale, ricerca e un po’ di sano adattamento. Provare nuovi cibi, mantenere un equilibrio tra tradizione e innovazione e cercare di integrarsi nei nuovi ritmi alimentari sono passaggi fondamentali per vivere appieno l’esperienza del nuovo paese, anche a tavola.
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