I cento anni di Pier Paolo Pasolini cultore della libertà di Cristina Siciliano 

28 Luglio 2022
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I cento anni di Pier Paolo Pasolini cultore della libertà 
di Cristina Siciliano 

Cento anni fa nasceva uno dei più grandi intellettuali italiani del Novecento: Pier Paolo Pasolini. È curioso come a un secolo dalla nascita, Pasolini sia diventato un hashtag. Eppure, non passa giorno senza che qualcuno, sui social lo evochi, con l”espressione #civorrebbepasolini, per enfatizzare o sottolineare un fatto o un concetto vicino a quello che era il suo modo di essere.

Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo 1922. Il padre Carlo Alberto è ufficiale di fanteria, la madre Susanna Colussi maestra di scuola elementare di famiglia contadina, originaria di Casarsa della Delizia nel Friuli. Durante l’infanzia e l’adolescenza, a causa dei continui trasferimenti del padre, si sposta prima a Parma, poi a Belluno, a Conegliano, a Cremona e a Reggio Emilia.

Dopo il liceo, nel 1939 Pasolini si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna. La notizia della morte del fratello partigiano, il ritorno dalla prigionia africana del padre e la povera vita con la madre, trasformano i già durissimi anni della guerra nel periodo più difficile della sua vita.

Nel 1945 si laurea con una tesi su Giovanni Pascoli mentre prosegue il suo appassionato lavoro di valorizzazione del dialetto friulano, che utilizza per scrivere diversi volumi di poesie. In seguito, si iscrive al Partito Comunista Italiano, da cui sarà espulso due anni dopo per “corruzione omosessuale”. Si trasferisce a Roma con la madre dove, dopo una fase di difficile assestamento economico, trova lavoro come insegnante. Nella capitale scopre le borgate e il popolo della periferia, frequentando al contempo gli ambienti letterari. Dal 1954 si accosta al cinema scrivendo sceneggiature, fra cui Le notti di Cabiria di Federico Fellini in cui Pasolini non si limita a riscrivere i dialoghi del film, spinto da Fellini che fa ricorso alle sue capacità critiche e al suo talento letterario per rielaborare la struttura narrativa del film nel suo complesso. Per Le notti di Cabiria corregge

dialoghi e descrizioni, suggerisce di eliminare o ampliare intere scene, alcune delle quali riscrive di sana pianta, creando personaggi molto apprezzati da Fellini, con cui stabilisce una intensa collaborazione alla sceneggiatura del film che si rivelerà determinante per entrambi.

In Ragazzi di vita e Una vita violenta, che lo rendono protagonista della vita culturale e letteraria italiana, Pasolini utilizza un linguaggio tutto suo, a metà tra il gergo e il dialetto. In entrambi i protagonisti sono giovani di borgata e il loro mondo viene descritto con estrema precisione, quasi si trattasse di un documentario, e con un amore spassionato. Egli è affascinato dal fare anarchico di questi ragazzi, dal loro seguire impulsi e istinti sottraendosi alle regole.

La vita controversa del poeta e scrittore, e le sue opere – articoli, libri, film tra cui Accattone lo fanno conoscere all’estero, insieme al rumore mediatico che provocano i numerosi processi che subisce per oscenità e vilipendio alla religione.

Pasolini: uomo contro
Nel tempo Pasolini si distingue per l’indipendenza del pensiero, caratteristica che lo porta ad essere osteggiato continuamente. Quando nel 1968 presenta il film Teorema alla mostra del cinema di Venezia le reazioni sono violente. La Procura di Roma sequestra il film “per oscenità e per le diverse scene di amplessi carnali, alcune delle quali particolarmente lascive e libidinose, e per i rapporti omosessuali tra un ospite e un membro della famiglia che lo ospita”. Poco dopo la Procura di Genova mette al bando il film con un analogo provvedimento. Il processo contro Pasolini e il produttore Donato Leoni si apre il 9 novembre 1968 con l’escussione del regista. Il Pubblico Ministero Luigi Weiss chiede la reclusione di sei mesi per entrambi gli imputati e la distruzione integrale dell’opera. Il 23 novembre 1968, dopo un’ora di camera di consiglio, il Tribunale di Venezia assolve Pasolini e Leoni dall’accusa di oscenità annullando il bando del film con la seguente sentenza: “Lo sconvolgimento che Teorema provoca non è affatto di tipo sessuale, è essenzialmente ideologico e mistico. Trattandosi incontestabilmente di un’opera d’arte, Teorema non può essere sospettato di oscenità”.
Nelle opere di Pasolini è evidente la tristezza di uomo moderno che si affanna nella ricerca della verità. Estremamente critico verso la società del suo tempo, Pasolini sostiene che “a un inferno medievale con le vecchie pene si contrappone un inferno neocapitalistico”. Nel suo ultimo film, Salò e in Le ultime giornate di Sodoma (1975), qualsiasi speranza è tramontata e violenza, distruzione e morte prevalgono.

Il modo d’essere, la sua omosessualità, insieme alle poesie, i romanzi, i film e soprattutto gli innumerevoli scritti critici, teorici, civili sulle arti e sulla società, lo trasformano dopo la morte in una presenza viva e costante del dibattito culturale non solo italiano, punto di riferimento e presenza viva tra studiosi e studenti.

È auspicabile che le celebrazioni per il centenario della nascita dell’autore di Casarsa abbiano come punto fermo anche il “Pasolini poeta”, nonostante la sola descrizione della sua opera in versi non dia piena ragione dell’«unicum agglutinato e compatto» che si cela dietro ai differenti generi, tutti peraltro egregiamente coltivati (saggistica, romanzo, teatro, cinema).
Senza cedere ai conformismi, senza mai adeguarsi alle regole istituzionali, Pasolini è capace di adattare il naturale e innato ingegno creativo ai molteplici ambiti in cui la cultura può declinarsi, rappresentando le più svariate problematiche sociali, toccando i meandri più oscuri dell’animo umano. Riesce così a tracciare un ritratto dell’Italia intenso, col tempo diventato sempre più reale. Rileggere oggi le sue opere e, in particolare i suoi articoli giornalistici, può essere un valido aiuto per codificare i tempi in cui viviamo, permettendo di osservarli da un’ottica distaccata, lucida e più che mai attuale.

La lunga strada di sabbia
Gli italiani alla ricerca del benessere, immortalati dal fotografo Paolo di Paolo, diventano uno straordinario racconto del dopoguerra in una mostra fotografica e nelle pagine di Pier Paolo Pasolini

Nel 1959 Paolo Di Paolo ha 34 anni e fotografa per “Il Mondo”, diretto da Mario Pannunzio già da cinque anni. Pier Paolo Pasolini è un “promettente” scrittore di 37 anni, non ancora regista, che ha pubblicato La meglio gioventù, Ragazzi di vita e Una vita violenta. Arturo Tofanelli, direttore del mensile “Successo” e del settimanale “Tempo”, affida ai due autori, che non si conoscono, il servizio sulle vacanze estive degli italiani.

Lo scrittore e il fotografo hanno obiettivi diversi. “Pasolini cercava un mondo perduto, di fantasmi letterari, un’Italia che non c’era più̀ – ricorda Di Paolo – io cercavo un’Italia che guardava al futuro.
Avevo anche ideato il titolo La lunga strada di sabbia che voleva indicare la strada faticosa percorsa dagli italiani per raggiungere il benessere e le vacanze”. Ne nasce un sodalizio complesso, delicato, che li accomunerà solo per la prima parte del viaggio, ma che si consolida poi nel rispetto e nella fiducia reciproci.

Lo straordinario racconto per immagini di Paolo Di Paolo verrà pubblicato da “Successo” e per Pier Paolo Pasolini “La lunga strada di sabbia” diventerà un testo più volte pubblicato. Il reportage uscirà in tre puntate e racconterà gli italiani percorrendo le coste dal Tirreno all’Adriatico: da Ventimiglia a Ostia; da Torvaianica alla Sicilia; da Santa Maria di Leuca a Trieste. Scrive Pasolini: “I monti della Versilia…ridenti o foschi?
Ecco una cosa che non si può mai capire. Un poco folli, di forma, e inchiostrati sempre con tinte da fine del mondo, con quei rosa, quelle vampate secche del marmo che trapelano come per caso.
Ma così dolci, mitici.
Qui c’è la spiaggia del Cinquale. (…)”

Nel 1966 chiude “Il Mondo” di Pannunzio. È cambiata l’informazione, sono cambiate le economie. Paolo Di Paolo abbandona la macchina fotografica e si ritira in campagna fuori Roma. Torna agli studi filosofici e al settore editoriale, avvia una lunga collaborazione con l’Arma dei Carabinieri con diverse pubblicazioni e oltre 40 calendari. L’archivio fotografico, oltre 250.000 negativi, provini, stampe e diapositive, viene ritrovato per caso in cantina dalla figlia Silvia Di Paolo, nei primi anni 2000 riportando alla luce la straordinaria lettura di un’epoca.

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