Made in Italy, il Paese delle cose belle e delle cose buone di Grazia Mirabelli

17 Febbraio 2023
Comments off
939 Views

Made in Italy, il Paese delle cose belle e delle cose buone
di Grazia Mirabelli

Nasceva agli inizi degli anni ’60, per volontà di alcuni paesi europei che apponevano un’etichetta sui prodotti stranieri allo scopo di difendere la propria produzione interna, indicando ai consumatori quali paesi fossero da evitare. In 60 anni il marchio ‘made in Italy’ è invece divenuto simbolo di qualità, grazie all’abilità dei produttori italiani che hanno saputo trasformarlo in opportunità. Oggi, nella prospettiva internazionale globale, il ‘made in Italy’, che KPMG classifica come terzo marchio al mondo per notorietà dopo Coca Cola e Visa, è considerato segno distintivo della cultura, della qualità e della creatività italiana.

Quando si parla di “Made in” si tratteggia il carattere distintivo di un Paese e delle caratteristiche che lo rendono unico, prendendo forma nel prodotto, di volta in volta realizzato quale risultato di materie prime, talenti, storia e mentalità del paese messi insieme. Così se il Made in Germany esprime sinonimo di robustezza ed affidabilità, il Made in France esprime quello di fascino ed
eleganza, mentre il Made in Denmark, riporta indubbiamente a design e lungimiranza.

Il Made in Italy, che sul panorama mondiale viene riconosciuto per le quattro A: abbigliamento, alimentare, arredamento, automazione, esprime genio e maestria, creativamente intrecciati tra loro. La chiave di lettura del brand, secondo esperti, fruitori ed intenditori, risulta un mix di innumerevoli elementi che non sono lasciati al caso. Vestirsi bene, curare il dettaglio e godere la vita, gustando un buon vino e ascoltando della buona musica, circondati da un paesaggio fantastico e da un clima incantevole, che a partire da ricchezza e biodiversità del prodotto agroalimentare Made in Italy, delineano un vero e proprio stile di vita.

E proprio parlando di Made in Italy, inteso come stile di vita, è inevitabile pensare alla moda, al cinema, per non parlare della musica o della lingua, che insieme rendono universali termini come adagio, bravo, allegro, andante, ballabile, superando confini e continenti, insinuandosi in altre culture, entrando a tutto titolo in altri linguaggi.

Ma è ancora l’amore per il buon vino e per il cibo buono, in tutte le sue declinazioni di prodotti enogastronomici, l’elemento fondante dell’identità italiana, che con i suoi innumerevoli prodotti di qualità, ha raggiunto le tavole di tutto il mondo. Un grande patrimonio, in questi tempi di globalizzazione, in cui l’esaltazione del gusto preserva uno dei pochi contatti con la terra, attraverso il piacere per un prodotto specifico o di nicchia.

Secondo uno studio pubblicato da Forbes, il marchio “Made in Italy” è al 7º posto per reputazione tra i consumatori mondiali. Ciò dimostra che i prodotti che ne vantano la denominazione costituiscono ancora di più un valore inestimabile, in un mondo attuale e globalizzato, che tende ad omologare, appiattendo le specificità, ed in cui la competizione sui mercati internazionali è diventata sempre più difficile e complessa.

Il falso Made in Italy rappresenta una perdita di circa 100 miliardi di euro l’anno
Con l’accezione inglese “Italian Sounding” si indica l’utilizzo, su etichette e confezioni, di riferimenti geografici, immagini, combinazioni di colori e loghi che evocano l’Italia per promuovere la commercializzazione di prodotti agroalimentari. Per lo più illeciti relativi alla violazione del marchio registrato, delle denominazioni di origine controllata (DOP, IGP, ecc.), del copyright, fino ad arrivare alla contraffazione stessa del prodotto, ingannando così il consumatore a credere che siano autentici, quando in realtà di italiano hanno poco o nulla.

Un fenomeno diffuso maggiormente negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e in America latina ma anche in diversi altri paesi, inclusi alcuni mercati europei. Una forma di falso Made in Italy molto affermato soprattutto nel settore agroalimentare, che sfrutta l’attrazione che la buona tavola e il turismo enogastronomico italiano hanno nel mondo, danneggiando la buona reputazione e la qualità del prodotto autentico.

Tra i marchi di eccellenza più a rischio il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, la mozzarella di bufala, i sughi, la pasta, l’olio d’oliva, i vini e l’aceto balsamico di Modena, ma anche il pomodoro San Marzano, il più taroccato al mondo.

Per proteggersi dai falsi non resta altro da fare che un acquisto consapevole, e soprattutto un’attenta lettura delle etichette su cui spesso espressioni come “genere”, “del tipo”, “stile”, “imitazione di”, “secondo la tradizione”, “secondo la ricetta tipica” e simili, denunciano che siamo in presenza di un’imitazione.

Comments are closed.